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Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliAl Colosseo miti e immagini dalla preistoria al tardoantico
«Terrantica. Volti, miti e immagini della Terra nell’antichità» al Colosseo dal 23 aprile all’11 ottobre (catalogo Electa), è una mostra inedita e raffinata, curata da Maurizio Bettini, grande esperto di antropologia del mondo antico, con Giuseppe Pucci. La Terra è stata una straordinaria produttrice di immaginazione culturale, miti, racconti; è entrata prepotentemente nel linguaggio, presenza fortissima sostanzialmente dimenticata dai moderni.
L’idea, mai prima sviluppata in una mostra, è di tracciarne complessità e moltitudine di figure e aspetti, dalla preistoria alla Roma tardoantica, in 18 sezioni, ognuna incentrata su un tema specifico. Si comincia dalla preistoria, un enigma aperto, con statuette famminili di varie dimensioni, forme, attributi, «che negli ultimi 150 anni sono state spiegate come rappresentazioni della Terra madre, donna, della fertilità, interpretazioni sostanzialmente non sostenute da niente. In realtà non abbiamo motivo di pensare che l’uomo preistorico avesse forme di religiosità così elementari», dice Bettini.
Si passa quindi al periodo storico, che parte dalla Terra in quanto origine del mondo: la Teogonia di Esiodo, Gaia che emerge dal caos e dà ordine a tutto ciò che viene dopo, generando le varie stirpi divine. «Gaia, spiega Bettini, è una categoria del pensiero, un modo di pensare l’ordine, l’origine, la creazione non solo materiale ma anche formale del mondo». Si prosegue con la Terra come materia costitutiva dell’uomo, che rimanda ai miti di Gilgamesh e Pandora, e dell’uomo generato dalla Terra, con il mito ateniese dell’autoctonia, l’Attica quale territorio a cui gli uomini appartengono e che li possiede. Da un lato quindi la Terra madre, generosa genitrice dei viventi e di tutto ciò che esiste; dall’altra la Terra patria, del padre, la terra che identifica, etnica, delimitata da confini precisi.
E ancora il mito della fondazione di Roma, terra di mescolanza e ibridazione, con in mostra il noto rilievo di Aquileia del fondatore che traccia il solco della città nuova. E poi tutte le altre incarnazioni, Demetra, Core e i misteri eleusini, il dio Mitra, il viaggio degli orfici nell’aldilà (in mostra la lamina d’oro del Museo di Vibo Valentia), fino alle «tabellae defixionum», tavolette di maledizione sepolte che invocavano divinità ctonie. «Quello che ci interessa, conclude Bettini, è mostrare i diversi volti che la Terra ha assunto nella cultura, sia in Grecia che a Roma, in modo da far conoscere la cultura antica con una chiave inattesa e spero appassionante».
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