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Tina Lepri
Leggi i suoi articoliIl retablo, dal latino «retro tabula altaris», veniva sistemato proprio dietro l’altare. Quello dei retabli sardi, più solari di quelli spagnoli, è un patrimonio prezioso e quasi sconosciuto, anche perché spesso conservato in chiese chiuse. Sono macchine pittoriche complesse e stratificate, composte di decine di pezzi dalle dimensioni più varie.
Alcuni sono in perfette condizioni e monitorati dopo il recente restauro, come il cinquecentesco retablo della chiesa di Santa Maria degli Angeli a Perfugas (Sassari), il più grande della Sardegna (8,40x6,60 metri) intatto con i suoi 54 pezzi smontabili. Altri sono in grave degrado fra cui il misterioso retablo di Tuili (paese del Medio Campidano) con le storie della Madonna e dei Vangeli, custodito da sempre nella parrocchiale di San Pietro e realizzato tra il 1489 e il 1500 dal Maestro di Castelsardo.
Alto più di 5 metri e largo 3,5, raffigura la vita dei santi e di Gesù. È un tesoro dell’arte sarda corroso dai tarli: «Si teme che i tarli distruggano le cornici con il rischio che parti dell’imponente e pesante struttura possano crollare», dice Roberto Sanna, guida turistica e profondo conoscitore delle bellezze della zona. Le tavole lignee che lo compongono, dipinte a olio e tempera e separate da cornici dorate, stanno perdendo la lucentezza dell’oro e subiscono alterazioni e cadute di colore. La Soprintendenza non ha soldi e chiede aiuto alla Fondazione Banca Intesa e al Banco di Sardegna per salvarlo. Nel 1914 il retablo uscì dalla chiesa per un restauro e in quell’occasione andarono perse alcune cornici che forse, è il parere di molti, si trovano ancora in qualche magazzino della Pinacoteca di Cagliari.
Merita cure particolari e una attenta ricognizione dei restauratori anche il Retablo maggiore di Giovanni Muru del 1515 conservato nel bellissimo santuario dell’XI secolo di Santa Maria del Regno ad Ardara (Sassari). Immenso e ricco di colori, colpisce per la grandiosità delle sue forme e per l’abbondante oro che contrasta con il nero basalto della cappella maggiore sul cui altare è collocato.
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