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Un momento del restauro del Monumento di Canova. Foto Joan Porcel

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Un momento del restauro del Monumento di Canova. Foto Joan Porcel

Restaurato il Monumento di Canova nel bicentenario della morte

Addirittura alcune statue «sudavano». Le condizioni proibitive di Venezia fanno sì che l’umidità si mangi il marmo

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Anna Somers Cocks

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Se Venezia fosse un museo anziché una città, i conservatori la chiuderebbero in quanto del tutto inadatta, dal punto di vista ambientale, all’esposizione di opere d’arte. È umidissima: l’innalzamento del livello delle acque si è cronicizzato, con inondazioni che tuttora, periodicamente, intaccano le strutture cittadine. I venti che soffiano da ovest e dall’industria petrolchimica della vicina Marghera sono carichi di inquinanti della Pianura Padana, cuore industriale del Paese.

Le ancor più frequenti tempeste dell’Adriatico generano alte onde che vanno a infrangersi sulle rive più esposte della laguna, riempiendo l’aria di goccioline nebulizzate capaci di trasformare il triossido di zolfo presente nell’atmosfera inquinata in acido solforico che corrode tanto il marmo quanto il bronzo. Va poi considerato lo shock termico, lo stress causato da sbalzi di temperatura che in un breve lasso di tempo possono calare da 35 a 16 gradi.

Abbiamo a che fare con un malato cronico che dovremo accompagnare per tutto il resto della sua vita. È quello che dice Giovanni Giannelli dello Studio di Restauro Ottorino Nonfarmale anche a proposito del Monumento di Canova nella Chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari, sul quale sono in corso lavori dal 2020.

Il progetto sarà presentato il 13 ottobre in occasione dell’anniversario della morte di Canova, nel 1822, ma Giannelli pone l’accento sulla durata dei lavori ancora «in itinere» e, probabilmente, in corso per sempre viste le condizioni in cui versa il monumento. Il progetto è stato finanziato dall’associazione benefica britannica Venice in Peril che lo ha scelto anche in virtù della grande ammirazione che gli inglesi tributarono in vita a Canova. Non solo sono conservate sue notevoli sculture nelle collezioni britanniche, ma il suo ruolo vitale d’iniziatore e intermediario, dopo il 1814, per il rimpatrio delle opere d’arte sottratte da Napoleone fu sostenuto dal Governo britannico con due vascelli, una fregata e un finanziamento eccezionale che ammontava a 35mila sterline

Alla morte di Canova a Venezia, il nobile storico dell’arte Leopoldo Cicognara lanciò un appello al fine di costruire un monumento nel quale racchiudere il suo cuore, per il quale fu donato un vaso di porfido dal Tesoro di San Marco (il corpo riposa tutt’ora nella sua città natale a Possagno, mentre la mano destra dello scultore si trova all’Accademia delle Belle Arti di Venezia). Arrivarono fiumi di denaro, in particolare dai governanti, pieni di riconoscenza, di Spagna, Italia, Prussia e Russia.

Il monumento costituisce un triplice omaggio a Canova. La forma piramidale rimanda al progetto del maestro per un monumento a Tiziano che non fu mai eseguito. Le figure di altissimo pregio sono di mano dei suoi allievi e il materiale è il puro marmo bianco di Carrara che lo scultore impiegò in quasi tutti i suoi lavori. Si pone allora il primo dei problemi affrontati da Giannelli. Il marmo di Carrara è particolarmente sensibile ai danneggiamenti causati dall’acqua salmastra che, per azione capillare, penetra dal suolo attraverso le lastre di pietra su cui riposa il monumento. Una volta asciutte le infiltrazioni si cristallizzano, polverizzando il marmo: per eliminarle sono stati applicati non meno di 13 impacchi di acqua deionizzata.

La seconda sfida consisteva nell’attenuare i danni causati da un precedente restauro attuato con il Paraloid B72, una resina acrilica applicata in forma troppo concentrata che impediva al marmo di «respirare», portandolo a gonfiarsi e a sbriciolarsi. Lo strato di Paraloid e un ulteriore, denso strato di cera sono stati sciolti a fatica. Il terzo problema era l’ingiallimento della base causato dall’arrugginirsi di perni in ferro, non visibili. Parte della base è stata pertanto smontata e i perni sono stati sostituiti con altri in acciaio inossidabile.

Bisognava poi risolvere un mistero: perché di tanto in tanto alcune delle statue cominciavano a sudare. Inizialmente il fenomeno è stato attribuito alla saturazione del sottosuolo causata dalle inondazioni, fino a quando non si sono scoperti i veri colpevoli: due tubature ostruite che avrebbero dovuto convogliare l’acqua piovana dalle grondaie ai «gatoli» che sboccano nel canale e che, invece, sversavano acqua nella muratura in mattoni della chiesa. È stata una scoperta empirica da parte di Giannelli, che ha notato nel 2021-22 che le statue continuavano a sudare quando scoppiavano tremendi temporali, nonostante le barriere mobili tenessero l’acqua alta lontana da Venezia. Da quando sono state riparate dal Comune, le statue non sudano più.

Giannelli sottolinea come la mancanza di prevenzione stia danneggiando enormemente il patrimonio italiano e cita una conferenza del 1975 sulla conservazione della scultura all’aperto durante la quale Cesare Brandi dichiarò che ogni progetto di restauro avrebbe dovuto essere accompagnato da un piano di manutenzione quinquennale; monito del tutto ignorato, basti pensare che i precedenti lavori sui marmi della facciata di San Marco su cui si sta attualmente lavorando risalgono a 36 anni fa.

Per questo motivo, il protocollo firmato dallo Studio Ottorino Nonfarmale, dalla parrocchia dei Frari e dalla Curia veneziana per una manutenzione biennale del Monumento di Canova rappresenta un passo importante che Guy Elliott, presidente di Venice in Peril, ha accolto calorosamente: «Non possiamo garantire che il finanziamento in corso continui, ma faremo tutto il possibile per fornire assistenza», assicura. Durante la presentazione del restauro sarà proiettato un documentario sul restauro del fotografo Joan Porcel.

Un momento del restauro del Monumento di Canova. Foto Joan Porcel

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Anna Somers Cocks, 11 ottobre 2022 | © Riproduzione riservata

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