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Dario del Bufalo
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Sono rientrato da poco da un’indagine sul campo, eseguita con l’Università egiziana e condotta nell’area del Deserto Orientale al confine tra Egitto e Sudan.
La nostra ricerca è stata di tipo geo-archeologico, al fine di individuare le aree a sud di Luxor che possano mostrare la presenza geologica di metasedimenti del tipo Greywacke, un tipo di marmo usato in era predinastica e faraonica ma anche in quella tolemaica e romana. Spesso questo tipo di roccia è presente vicino a formazioni di granito aurifero e dunque vicino ad antiche miniere d’oro di cui questa regione è ricchissima.
Abbiamo già parlato in un numero precedente di questa rubrica (cfr. n. 370, dic. ’16, p. 26), del tratto di Wadi Allaki sudanese e della distruzione sistematica del paleo-archeo suolo che è in atto, nelle aree storiche di Berenice Pancrisia e delle sue miniere d’oro faraoniche, tolemaico-romane e arabe, per mezzo di enormi ruspe Caterpillar che raschiano il terreno per l’individuazione di oro da parte di piccoli cavatori sudanesi.
Ultimamente il fenomeno si è allargato anche all’Egitto meridionale e a grandi gruppi internazionali, come quello cinese che ha appena acquistato dal Governo egiziano la vecchia concessione mineraria d’oro inglese di El Toyour e sta per cominciare lo sfruttamento di quell’area, sicuramente con esiti ambientali e storico-paesaggistici disastrosi.
Abbiamo notato in tutta la regione una vera e propria «corsa all’oro» e abbiamo documentato una distruzione dei suoli e dei manufatti antichi per mezzo di questi enormi escavatori che, per trovare poche pagliuzze o pepite, ruspano la superficie dei wadi formando grandi mucchi di sabbia e sassi che regolarmente abbandonano sul posto, lasciando il paesaggio deturpato per sempre... Purtroppo nessuno del Governo o degli uffici che hanno rilasciato le concessioni obbliga al ripristino del suolo stuprato per pochi grammi di oro! Così facendo, nel giro di pochi anni tutto il settore meridionale del Deserto Orientale sarà distrutto dalle ruspe per un pugno di dollari. Unesco, dove sei?
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