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Vedute della mostra di Peter Dreher "Day by Day, Good Day", Casa Mutina Milano, ©DSL Studio

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Vedute della mostra di Peter Dreher "Day by Day, Good Day", Casa Mutina Milano, ©DSL Studio

Mutina for Art propone Dreher

La mostra allestita a Casa Mutina Milano è composta da un’unica intensa installazione dell’artista tedesco: 100 quadri dal medesimo soggetto che stimolano la percezione, mutevole, dello spettatore

Francesca Interlenghi

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Si intitola «100 Days» la mostra che Mutina for Art dedica a Peter Dreher (Mannheim 1932 - 2020), istituendo un inedito dialogo tra le superfici ceramiche dell’azienda Mutina e un gruppo di 100 tele dell’artista tedesco tratte dalla serie «Day by Day, Good Day», per la quale è maggiormente conosciuto, che si sostanzia in un’ambiziosa raccolta di quasi 5mila immagini del medesimo oggetto.
Iniziata nel 1974, l’autore l’ha proseguita per tutta la vita dipingendo ogni giorno e ogni notte, con una tecnica iperrealista, lo stesso bicchiere vuoto, appoggiato su un tavolo di fronte a un muro bianco.

Concepito per lo spazio di Casa Mutina Milano, il progetto espositivo a cura di Sarah Cosulich, e visibile sino al 27 marzo 2024, è pensato come un’unica grande installazione che esalta l’intensità e la profondità della riflessione condotta da Dreher sul tema del tempo e sulla natura dell’osservazione. In tutti i quadri, di uguali dimensioni, il bicchiere rimane lo stesso, colto sempre alla stessa distanza e nelle stesse condizioni, ma l’ambiente che lo circonda e la luce che lo illumina cambiano, mostrando la natura mutevole della percezione.

Ritraendo la quotidianità in maniera quasi ossessiva e facendo risaltare la bellezza che si annida tra le pieghe dell’ordinario, l’artista rivela il suo approccio meditativo alla pittura, quasi una forma di mantra buddista, rivelando al contempo anche la funzione di riparo che l’arte assolveva e di reazione alle atrocità perpetuate dal regime nazista durante la Seconda guerra mondiale.

«La sua idea della pittura era quella di ottenere la massima oggettività, spiega la curatrice, liberandola da qualsiasi forma di esperienza, memoria e vissuto. Perciò l’artista procedeva dipingendo una superficie secondo quello che la retina gli suggeriva, in modo molto preciso, quasi matematico. Il  risultato è questo bicchiere, una sorta di finestra, che si apre a tutti i riflessi della stanza e a tutte le condizioni diverse di luce che cambia attorno ad esso. È come se il bicchiere diventasse una tela, perché ciò che muta è in realtà l’immagine riflessa nella trasparenza del vetro. Si tratta di un lavoro profondamente ripetitivo il cui carattere seriale ricorda in qualche modo la serialità della superficie ceramica, della piastrella. Ed è interessante notare come, riproponendo questo stesso soggetto costantemente per tanti anni, Dreher abbia costituito alla fine una forma di autoritratto».

Nonostante il rigore analitico della procedura operativa impiegata, il corpus di lavori esposti risulta tutt’altro che freddo e impersonale. I toni di colore, certe inattese sfumature di arancione, il riflesso sempre differente della stanza, della finestra o della tenda, distolgono l’attenzione dello spettatore dal mero dato oggettuale. Sfidando le regole della ceramica non solo in termini di scala, texture e composizione, ma anche di creatività e sperimentazione, l’azienda Mutina ha intrapreso dal 2017 un percorso dedicato all’arte contemporanea.

Oltre ad un regolare programma di mostre personali e collettive nelle sedi di Fiorano Modenese e di Casa Mutina Milano, il progetto Mutina for Art comprende anche il premio «This Is Not a Prize», assegnato annualmente ad un artista internazionale e il cui sostegno può acquisire ogni volta forme diverse e i «Dialogues», iniziative di collaborazione con artisti e istituzioni internazionali nella realizzazione di opere e progetti in cui la ceramica è protagonista.
 

Francesca Interlenghi, 30 novembre 2023 | © Riproduzione riservata

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