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Milano. Il Tribunale di Milano ha disposto che 39 false opere di Piero Manzoni siano distrutte: tutte di proprietà del baritono Giuseppe Zecchillo, erano al centro di un'annosa diatriba con l'Archivio Opera Piero Manzoni, costituito dalla famiglia dell'artista e presieduto dalla sorella, Elena Manzoni di Chiosca, che insieme a Germano Celant, curatore del catalogo generale dell'artista, le aveva giudicate non autentiche.
Tutto era iniziato quando il baritono, che affermava di essere stato stretto amico dell'artista, aveva fondato l'«Associazione Amici di Piero Manzoni» e sotto tale egida aveva dato alle stampe un presunto «catalogo generale» della sua opera, nel quale la famiglia aveva ravvisato numerosi falsi. La causa da loro intentata non era mai giunta a sentenza, poiché Zecchillo aveva riconosciuto (pubblicando un annuncio anche sulle colonne di «Il Giornale dell'Arte») che tale catalogo non aveva alcun valore legale. Ma il contenzioso era ripreso quando lo stesso Zecchillo aveva sottoposto all'Archivio Opera Piero Manzoni un vasto nucleo di opere da esaminare, di cui sei soltanto erano state giudicate autentiche da Celant. Al che il baritono, dopo aver più volte chiesto che tali opere venissero ulteriormente studiate, intentava un'azione penale contro Elena Manzoni, accusandola di «appropriazione indebita». Anche in questo caso il Tribunale ha riconosciuto le ragioni dell'Archivio ed Elena Manzoni è stata assolta con formula piena per non aver commesso il fatto, dal momento, spiega la sentenza, che «quale scopo di ingiusto profitto per sé o per altri potesse profilarsi nella mente dell'imputata è un arcano che nessuna delle parti è riuscita a svelare».
Intanto l'Archivio ha in preparazione una serie di Quaderni con documenti inediti, in attesa della grande mostra di maggio 2007 al Madre di Napoli.
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