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Roberta Bosco
Leggi i suoi articoliA 83 anni, Lynda Benglis (Louisiana, 1941) espone per la prima volta in Spagna e lo fa a Madrid, nel giardino della Banca March, dove ha installato quattro gigantesche fontane in bronzo e poliuretano (dal 5 marzo al 30 giugno). «Sono cresciuta vicino a un lago e ho sempre desiderato realizzare fontane. L’acqua scorre sopra e intorno a loro. Sono come eruzioni della terra e l’acqua ne sottolinea il carattere esplosivo», ha dichiarato l’artista, che ha collocato le fontane in diversi punti del giardino, un’isola verde nel quartiere Salamanca di Madrid, che l’entità ha aperto al pubblico come anticipo del suo centenario nel 2026.
Benglis ha realizzato la sua prima fontana, «The Wave of the World», nel 1984: era la prima volta che lavorava con il bronzo. L’opera, che per anni fu considerata perduta, riapparve per caso e del suo restauro si occupò la stessa artista, che la trasformò in «Crescendo», una delle opere ora esposte a Madrid. L’accompagnano «Knight Mer», una fontana più piccola che ricorda un crostaceo delle paludi della sua nativa Louisiana, e «Bounty, Amber Waves and Fruited Plane», tre colonne alte più di 8 metri, formate da vasi conici impilati attraverso i quali scorre l’acqua.
Completa la mostra «Pink Lady», l’unica fontana in poliuretano di un sorprendente color rosa shocking, la cui superficie ruvida ricorda i cumuli di sabbia e fango espulsi da granchi e crostacei in riva al mare. Riguardo all’importanza del progetto, Anne Pontégnie, curatrice della mostra insieme a Vande, società internazionale specializzata nella vendita e produzione di opere d’arte, ha affermato: «Il lavoro di Lynda Benglis può essere interpretato come uno sforzo costante per catturare il movimento, un tentativo di congelare ed esprimere il flusso della vita».
Alla fine degli anni Sessanta, Benglis rivoluziona la scultura con astrazioni fluide realizzate in lattice o schiuma di poliuretano, in contrasto assoluto con la rigidità e la geometria dei suoi colleghi maschi. Nel 1970 la rivista «Life» la proclama «erede di Pollock», grazie ai «pours» che crea versando la gomma liquida direttamente sul pavimento e con cui trasporta la tecnica del dripping nella tridimensionalità. Secondo la curatrice, la sua opera conferisce una nuova prospettiva al gesto travolgente dell’Espressionismo e rende sovversiva la rigidità del Minimalismo.
Lynda Benglis arrivò a New York a 23 anni e nei primi sei anni trascorsi nella nuova capitale internazionale dell’arte tenne 15 mostre individuali. La sua ascesa fu vertiginosa, ma la sua figura non ebbe lo stesso riconoscimento di altri artisti dell’epoca come Donald Judd, Robert Morris, Richard Serra o Frank Stella. Il suo femminismo radicale e provocatore, in anticipo sui tempi, contribuì alla sua discriminazione, ma non le impedì di continuare a produrre ed esporre.
Attualmente vive tra New York e Santa Fe, nel New Mexico, e continua a lavorare con la ceramica, il poliuretano e la carta. «Se pensi a ciascuna delle mie opere come a un corpo, vedrai che quel corpo è sempre in movimento», ha detto Benglis in occasione della sua retrospettiva a The Hepworth Wakefield in Gran Bretagna nel 2015, che fu definita da Adrian Searle, critico de «The Guardian» «una rivelazione».
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Piombo, lattice e carne
Lynda Benglis © Christopher Lane
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