Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliRoma. La Biennale di Venezia e il Google Cultural Institute insieme per la prima volta in un importante esperimento che permette di visitare la Biennale Arte in corso da ogni angolo del pianeta: basta avere un computer e una connessione non troppo lenta.
È una rivoluzione e una scommessa da molti punti di vista. Da oggi, e anche dopo la chiusura del 22 novembre, basterà cliccare e navigare su g.co/biennalearte2015 per guardarsi, meglio che in un catalogo, la mostra internazionale curata da Okwui Enwezor e le altre 80 allestite delle Nazioni presenti. Si potranno «sfogliare» 4.040 opere, fare ricerche seguendo vari parametri (collezioni, artisti, media, luoghi, date, materiali ecc.), accedere alle aree espositive interne ed esterne sia dei Giardini sia dell’Arsenale grazie a oltre 80 immagini Street View.
Il progetto, realizzato tramite le tecnologie d’avanguardia sviluppate dal Google Cultural Institute, è al contempo una sfida che apre potenzialità enormi; cambiano tutte le modalità di comunicazione col pubblico e di archiviazione, s'intensifica il dialogo tra persone e opere d’arte. «Intendiamo cavalcare fino in fondo quest’opportunità», spiega il presidente della Biennale Paolo Baratta, che è sicuro che la possibilità di accesso totale via web non sia sostitutivo ma aggiuntivo, integrativo alla visita dal vivo. Dello stesso avviso il ministro Dario Franceschini, convinto «che aiuti molto alla crescita: se aumenta il pubblico, aumenta la voglia di andarci».
Alla presentazione di stamattina alla sede Mibact del Collegio Romano era presente pure il direttore del Google Cultural Institute Amit Sood che, tra le altre, ha spiegato la novità di una app per smartphone scaricabile da Google Play. Consente attraverso un semplice visore di cartone (il Google Cardboard) di immergersi in una realtà virtuale a costi molto economici, nel caso specifico attraverso due tour virtuali della mostra.
Soprattutto il campo delle app, insiste Franceschini, è un settore in grande e rapidissima espansione, un’opportunità enorme che aiuta a capire e valorizzare i beni culturali: basti pensare all’archeologia, «che le nuove tecnologie rendono più accessibile, comprensibile, accattivante, a fronte di resti talvolta davvero di difficile decifrazione». L’intenzione, dice il ministro, è di potenziare e collegare insieme tutte le startup che si occupano di beni culturali.
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