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Gareth Harris
Leggi i suoi articoliÈ costato 30 milioni donati da privati, e una mostra satellite si terrà a Beirut sul ricamo «politico»
Il Museo Palestinese, a nord di Gerusalemme, aprirà il 18 maggio come previsto, anche se l’istituzione è ancora priva di direttore e collezione. «È stato molto difficile costruire un museo sotto l’occupazione militare israeliana, ma l’edificio è pronto per la data prevista», ci spiega Omar Al-Qattan, direttore ad interim e presidente della AM Qattan Foundation di Londra, uno dei principali finanziatori del museo.
Il museo, che comprende 3.550 mq di spazi espositivi e didattici, sarà dedicato alla storia della cultura palestinese dal 1750 a oggi. Al-Qattan lo definisce «uno spazio aperto per la ricerca e il pensiero innovativi sulla cultura, la storia e la società palestinesi». Alla domanda su che cosa verrà esposto in occasione dell’inaugurazione, Al-Qattani risponde: «Nessuna mostra, soltanto il bell’edificio e i giardini», mentre una collezione permanente di opere d’arte e oggetti sarà allestita «a tempo debito». L’edificio costato 30 milioni di dollari e progettato dallo studio di architetti di Dublino Heneghan Peng, sorge su un terreno di 40mila mq in affitto dalla vicina Università di Birzeit. I finanziamenti arrivano da privati, tra cui la famiglia di Al-Qattan, la Banca della Palestina e due società di costruzione mediorientali, Projacs e Consolidated Contractors Company.
Il percorso per realizzare il Museo palestinese è stato in salita. Jack Persegian, il curatore indipendente nominato direttore nel 2012, ha dato le dimissioni a dicembre a causa di «incomprensioni circa la programmazione e la gestione». Ed è stata così rinviata la mostra inaugurale, «Never Part»: incentrata su oggetti personali appartenenti a palestinesi, aveva richiesto più di tre anni di ricerca. Al-Qattan ci dice che il nome del nuovo direttore sarà annunciato il primo maggio. Spetterà a lui la decisione di procedere con «Never Part» oppure organizzare una nuova mostra che sarà presentata a ottobre. Il direttore dovrà anche coordinare le mostre nelle sedi satellite. «Quando abbiamo concepito il museo abbiamo optato per il modello di una struttura centrale con sedi dislocate, che potrebbero sorgere nelle più grandi comunità palestinesi», spiega Al-Qattan.
Nel frattempo il museo continua ad acquisire fotografie da album donati da famiglie palestinesi per il progetto Family Album. A oggi sono state digitalizzate più di 11mila immagini, inserite nell’archivio audiovisivo online del museo. Serviranno ai palestinesi che vivono fuori dal Paese per contattare i loro parenti. Il museo è anche in trattativa con istituzioni internazionali su possibili partnership, e spera di stabilire una presenza a Gerusalemme «appena possibile», afferma Al-Qattan. Nessun membro del mondo dell’arte israeliano, compreso il ministro della Cultura, ci ha rilasciato un commento sulla nuova istituzione o su un’eventuale collaborazione.
Il museo è il progetto principale della Welfare Association (Taawon), un’organizzazione non profit registrata in Svizzera che «si impegna a fornire aiuto allo sviluppo e assistenza umanitaria ai palestinesi».
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