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I padri di Keith Haring

Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

È in corso fino al 18 giugno, a Palazzo Reale, la mostra «Keith Haring. About Art» (catalogo GAmm Giunti/24 Ore Cultura), prodotta da Comune di Milano, Palazzo Reale, Giunti Arte e 24 Ore Cultura e curata da Gianni Mercurio. Quasi coetanei, amici e compagni di strada nell’avventura del graffitismo newyorkese, Basquiat e Haring condivisero anche l’abuso di droghe e la morte prematura per aids (Basquiat nel 1988; Haring nel 1990).

Nato in Pennsylvania nel 1958, formatosi (brevemente) a Pittsburgh come grafico pubblicitario, dopo aver lasciato la scuola Haring studiò a fondo l’arte di Klee, Dubuffet e Pollock, ma era un conoscitore appassionato anche di archeologia classica e di arti precolombiane, delle culture del Pacifico e dei nativi americani e delle figure archetipe delle religioni primarie. A tutto questo ricco bagaglio visivo si riferisce il sottotitolo della mostra, perché nel percorso, oltre a 90 sue opere, molte delle quali di grande o grandissimo formato, alcune mai viste in Italia, sono esposti esempi delle fonti cui attinse, reinterpretandole poi con il suo stile inconfondibile, nel quale aveva grande peso anche il segno dei cartoon. Si tratta di lavori di Klee, Dubuffet e Pollock, ma anche di calchi della Colonna Traiana, di maschere polinesiane, di dipinti del Rinascimento italiano e altro ancora. Impegnato sui fronti del razzismo, della droga, dell’aids, del potere, delle discriminazioni delle minoranze, Haring ha creato un universo intessuto di riferimenti colti, eppure d’immediata e universale fruizione.

Ada Masoero, 18 aprile 2017 | © Riproduzione riservata

I padri di Keith Haring | Ada Masoero

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