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I busti inquietanti

Stefano Luppi

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Con la rassegna «Il manichino e i suoi paesaggi. Una storia (quasi) metafisica», alla Palazzina di Marfisa d’Este dall’11 novembre al 13 marzo, Ferrara approfondisce il tema del manichino, parola derivante dall’olandese «manneken» che significa piccolo uomo. I primi manichini di cui si abbia notizia risalgono, in Europa, al termine del XVIII secolo e avevano dimensioni molto ridotte. Ma questo oggetto caro a Giorgio de Chirico ha storia molto più complessa che risale, secondo i documenti, al mondo classico ellenistico e poi medievale europeo. La mostra, curata da Linda Mazzoni e Claudio Gualandi (autore nel 2014 del volume Il manichino e i suoi paesaggi, Editoriale Sometti) con il critico d’arte Maria Livia Brunelli, espone oltre 40 manichini storici e una selezione di opere contemporanee realizzate da Mustafa Sabbagh, Milena Altini, Jolanda Spagno. È una variegata galleria di pezzi utilizzati nel corso del tempo negli ambiti della moda, della religione, della scienza, della pubblicità e dell’arte (nella foto, un gruppo di busti realizzati in Italia tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta del ’900). La rassegna è parte del progetto autunnale dedicato al centenario della nascita dell’arte metafisica, che vede al centro «De Chirico a Ferrara. Metafisica e avanguardie» di Palazzo dei Diamanti (cfr. p. 31) e si compone anche di un’installazione realizzata ad hoc da Mustafa Sabbagh, ispirata ad Alberto Savinio, al Museo Civico di Storia Naturale dal 10 novembre al 10 gennaio. 

Stefano Luppi, 27 ottobre 2015 | © Riproduzione riservata

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I busti inquietanti | Stefano Luppi

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