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Dix, un polittico apocalittico

Luana De Micco

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«A due riprese ho avuto modo di vedere l’altare di Issenheim, un’opera impressionante, incredibilmente temeraria e libera, al di là di ogni “composizione”, di ogni costruzione, di cui molti elementi restano inspiegalmente misteriosi», scriveva Otto Dix alla moglie Martha, anche lei pittrice, in una lettera del 1945.

Diverse fonti dimostrano che l’artista tedesco (1891-1969) fu influenzato, sin dal suo primo periodo espressionista, dall’opera di Matthias Grünewald e in particolare dal polittico che questi realizzò tra il 1512 e il 1516, oggi conservato al Musée Unterlinden di Colmar. Su 14 pannelli Grünewald vi rappresentò scene della vita della Vergine e di Sant’Antonio che più tardi ispirarono le tele più drammariche di Dix. È a questo legame che il museo di Colmar dedica la mostra «Otto Dix e l’altare di Issenheim» sino al 30 gennaio. Sono raccolte un centinaio di opere, alcune inedite, con prestiti dal MoMA di New York ai Musei Vaticani, dal Kunstmuseum di Stoccarda al Museum Ludwig di Colonia.

Diverse sono delle stesso museo alsaziano che conserva una delle collezioni più importanti in Francia di opere di Dix (che fu prigioniero proprio a Colmar nel 1945-46). Tra le tele esposte, «Pietà» (1913), «La tentazione di Sant’Antonio» (1944), «Job» (1946) e «Annunciazione» (1950).

Luana De Micco, 15 gennaio 2017 | © Riproduzione riservata

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Dix, un polittico apocalittico | Luana De Micco

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