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C’è tempo fino al 26 febbraio per visitare «Il tempo dell’incalcolabile», la mostra a cura di Alberto Salvadori che M77 dedica a Maria Lai (Ulassai, 1919-Cardedu, 2013) con l’Archivio a lei intitolato. E vale la pena affrettarsi, perché è la prova eloquente di quanto meritato sia il posto finalmente occupato dall’artista nel panorama non solo italiano.
Al piano terra sono presentate le 33 sculture di ceramica della serie inedita dei «Telai di Maria Pietra», 1991-94, inframmezzate dagli stendardi dei «Teli di Maria Pietra» su cui sono ricamate le sagome degli animali selvatici che Maria, nell’antica leggenda locale, porta al figlio morente per rasserenarlo. E che tuttavia, strappati al bosco, muoiono con lui.
Rinasceranno in altra forma dopo il percorso di dolore vissuto da Maria, quando un angelo le riporterà la quiete. L’artista traspone qui in immagini un patrimonio collettivo della cultura locale, atavicamente immersa nella dimensione magica e spirituale, raccolto dallo scrittore Salvatore Cambosu e diffuso da un’installazione sonora, in un perturbante intreccio di emozioni.
Al piano superiore va in scena la documentazione di Piero Berengo Gardin dell’azione pubblica «Legarsi alla montagna» con cui nel 1981, da pioniera dell’arte partecipata e dell’impegno per l’ambiente qual è stata, Lai coinvolse tutti gli abitanti di Ulassai, legando con un chilometrico nastro ogni casa del paese alla rupe del Monte Gedili. Accanto alle fotografie, su cui l’artista è intervenuta, la scultura «La frana» e il video di quell’evento di Tonino Casula.

Una veduta dell’installazione da M77. Foto Lorenzo Palmieri
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