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Carte e scarti

Stefano Luppi

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Imola (Bo). Marco Di Giovanni, nato a Teramo nel 1976 e attivo tra Imola e Valsalva nel bolognese, è al centro delle esposizioni «L’infinito commestibile» presso BeCube dal 19 aprile al 21 giugno e «Una fine» presso il Museo di San Domenico dal 19 aprile al 19 luglio. La curatrice Maria Katia Tufano ha inteso suddividere fisicamente in due spazi distinti la produzione recente dell’artista. La più ampia rassegna al BeCube, nuovo spazio espositivo di 500 metri quadrati costituito dai soci Elena Casadio, Liberto Dalmonte e Marco Bedeschi, illustra in particolare la performance «Infinito commestibile», costituita da disegni a china su carta gialla alimentare che avvolgeva quanto Di Giovanni ha ingerito durante l’ultimo anno. L’opera grafica è disposta fra tazzine, bicchieri, ossa, piatti elaborati e altri oggetti che restituiscono un clima da sagra di paese. Al San Domenico sono esposte opere degli ultimi cinque anni, riassuntivi della poetica del’autore, legata in particolare all’indagine del reale e del quotidiano con «sfondamenti» legati a letteratura e meccanica quantistica. Lo evidenzia, ad esempio, un lavoro come «Le porte di Solarolo», installazione ottenuta accumulando serramenti che ostruiscono il passaggio lungo le sale espositive: l’autore ha fatto sì che il visitatore arrivi all’opera, entro la quale sono inserite anche delle lenti d’ingrandimento per una visione alterata, dopo avere percorso l’intero museo, lungo le sale che conservano collezioni di arte antica e moderna. Altri lavori sono l’assordante amplificatore «Heavy-Pod» e «Gran Sasso», composto da trentotto agende annuali che raffigurano il profilo del massiccio montuoso abruzzese. A maggio è prevista una personale di Di Giovanni presso la galleria Blok Art Space di Istanbul.




Stefano Luppi, 01 aprile 2015 | © Riproduzione riservata

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Carte e scarti | Stefano Luppi

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