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Antonio e Sebastiano santi alpini

Patrizia Zambrano

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Nel Ducato di Savoia che si estendeva, tra Quattro e Cinquecento, dal lago Lemano al mare di Nizza, le visite pastorali permettono di contare 4mila altari in 9 diocesi; un terzo era dedicato alla Vergine Maria, protagonista assoluta della devozione nella prima età moderna. In questa curiosa ma non inutile classifica, ben distanziato ma ben piazzato sta sant’Antonio abate con 283 altari, seguito da Sebastiano, Caterina, Giovanni Battista, Nicola, Pietro. I dati emergono dall’indagine condotta da un gruppo di ricercatori attivo dagli anni Novanta e che da una decina studia la scultura medievale nelle Alpi. Nel 2005 ai Musei di Torino, Chambéry e Annecy si sono unite altre istituzioni appartenenti alle aree di confine dell’arco alpino occidentale (www.sculpturesalpes.com). Il progetto più recente riguarda cinque mostre (tenutesi nel corso del 2013 a Sion, Aosta, Susa, Annecy e Ginevra) di cui Uomini e Santi è il volume di riferimento, presentando dati e riflessioni sul tema del culto e della produzione artistica a esso legata che evidenziano l’esistenza di un corpus di santi coeso e di uno spazio devozionale comune nelle diocesi del ducato. La ricorrenza e prevalenza di alcuni santi e altari a loro dedicati documenta un tipo di pietà connotata dall’urgenza della vita quotidiana (malattie, sostentamento) ma al tempo stesso orientata verso un repertorio di esempi di fede classici e ampiamente diffusi nell’Europa cristiana.
Lo studio è stato condotto sulle visite pastorali con esiti che vanno al di là del dato quantitativo indicando, per esempio, che i santi «locali» non sembrano avere rivestito un ruolo decisivo nella dedicazione degli altari, come dimostrano i casi di Teodulo per Sion e di Orso per Aosta, mentre ampia risulta la devozione a Sebastiano, in relazione alle sue prerogative taumaturgiche, e a Caterina, il cui successo devozionale è legato alla posizione geografica di frontiera del Ducato dove «focolai ereticali e poi la Riforma poterono probabilmente favorire il ricorso alla sua figura da parte dei predicatori».
Importa naturalmente il riscontro figurativo del culto e il caso di Antonio abate è il più significativo. Il saggio di Simone Baiocco e Manuele Berardo spiega ragioni e modi della produzione e diffusione di immagini in area piemontese e la straordinaria popolarità nella diocesi di Torino, dove la presenza della più importante serie di cicli narrativi dedicati al santo col maialino permette di ricostruire le diverse tradizioni testuali impiegate nella strutturazione della sintassi narrativa riferita ad Antonio, come si verifica nei casi dei cicli a fresco della Valle di Susa (Sant’Antonio di Ranverso a Buttigliera Alta, Jouvenceax, Salbertrand, Savoulx) e del Piemonte meridionale (Bastia, Saluzzo, Verzuolo, Alba). Se nella pittura murale gli episodi della vita di Antonio valgono come exempla, la ricerca condotta sulla scultura (spesso policroma) offre un panorama di opere che, poste sugli altari, con la loro immediata presenza fisica e l’espressività accostante, più direttamente potevano fungere da «punti di contatto privilegiato tra mondo naturale e mondo soprannaturale». Divisi in due gruppi che discendono da modelli diversi, sono di grande bellezza alcuni degli esempi presentati, tra cui il sant’Antonio di Ranverso (ca 1400), per cui è ipotizzata l’importazione dalla Francia sud-orientale, e quello di matrice alsaziana da Riva Valdobbia, oggi a Casale Monferrato. (Nella foto: Bottega di Hans Geiler, «Santa Maria Maddalena», 1515 ca, Friburgo, Musée d’Arte et d’histoire).

Uomini e santi. L’immagine dei santi nelle Alpi occidentali alla fine del Medioevo, a cura di Simone Baiocco e Marie Claude Morand, 248 pp., ill., Officina Libraria, Milano 2013, € 28,00

Patrizia Zambrano, 25 febbraio 2015 | © Riproduzione riservata

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