Bernard Marcelis
Leggi i suoi articoliPer questa edizione, dal 19 al 23 ottobre, l’offerta della fiera Paris Internationale è apparsa molto più omogenea, qualunque fosse la provenienza delle sessanta gallerie partecipanti da tutto il mondo (sono rappresentati ventisei Paesi, tra cui Georgia, Iran, Perù, Giappone, Russia, Messico, Turchia, ecc.). Per due dei suoi fondatori, Nerina Ciaccia e Antoine Levi, «Paris Internationale non è solo un’altra fiera, ma una fiera necessaria. Non è un satellite, ma una vera alternativa».
Questa omogeneità si è riflettuta nella scenografia dell’evento, progettata dallo studio d’architettura Christ & Gantenbeim. Quest’ultimo ha progettato un sistema di pareti temporanee che segmentano in modo parallelo i quattro piani nudi di uno dei primi edifici con facciata in vetro di Parigi (ex studio del fotografo Nadar e sede della prima mostra impressionista del 1874). A dispetto delle prime edizioni della fiera, che si tenevano in edifici in «stile Haussmann», dove le gallerie avevano spazi eterogenei, sono spariti i gabinetti e i bagni senza luce naturale e la nuova configurazione ha permesso alle gallerie di essere quasi tutte sullo stesso piano e quindi di rappresentare ottimamente i propri artisti. La maggior parte degli espositori ha optato per mostre personali o doppie-personali.
Tra questi, lo stand della galleria Nev (Ankara) ha esposto i dittici e i trittici di Gökhun Baltaci («La part des lèvres»), le cui opere hanno trovato acquirenti mezz’ora dopo l’apertura (da 2.500 a 7.500 euro). La galleria Lomex (New York) ha riscosso un successo quasi analogo con gli enigmatici dipinti luminescenti di Phoebe Nesgos (da 18.000 a 22.000 euro), mentre la giovane galleria Champ Lacombe (Biarritz) è stata soddisfatta della sua prima partecipazione a una fiera con il giovane pittore figurativo tedesco Tim Breuer (da 6.500 a 25.000 euro).
Max Mayer (Düsseldorf) ha presentato tre nuovi dipinti e disegni dell’artista svizzera Flora Klein. Non era da perdere l’eccezionale mostra di Amanda Wilkinson (Londra), che ha combinato dipinti del cineasta Derek Jarman (95.000 euro) con disegni della videoartista Joan Jonas (da 15.000 a 27.000 euro), probabilmente l’unica galleria ad aver pubblicato un catalogo per l’occasione. In tutti gli stand, i pittori hanno proposto immagini forti, affrontando problemi inerenti alla nostra società come la violenza o l’emarginazione.
Altre gallerie hanno presentato fotografie o immagini correlate (Higher Pictures Generation, New York; Good Weather, Chicago; Sophie Tappeiner, Vienna; Lyles & King, New York). Alcuni hanno esposto la scultura in senso lato (Lodos, Messico; P420, Bologna; BQ, Berlino; Fanta-MLN, Milano). Ma questa è solo una minoranza rispetto alla straripante offerta pittorica. Di conseguenza, la fiera ha perso il suo lato sperimentale, ma ha guadagnato in maturità e comfort. È stato un anno di transizione o di normalizzazione? Il futuro lo dirà.
L’occhio sulla Paris Art Week 2022
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