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Francesco Tiradritti
Leggi i suoi articoliIl mio viaggio nella Valle del Nilo
«Ma non hai paura?» è una domanda che mi sento ripetere da non so più quanto tempo ogni volta che annuncio la mia partenza per l’Egitto. Non mi ricordo più quando mi sia stata posta per la prima volta. Ormai la do quasi per scontata, quasi facesse parte dei preparativi del viaggio. Mi piacerebbe tranquillizzare tutti una volta per tutte. Non ho paura di lavorare qui in Egitto. Se l’avessi, non verrei. Sono un egittologo e questo mi include nella categoria delle persone con un lavoro abbastanza strano, ma non ritengo di essere pazzo. Almeno non ancora.
Scrivo queste righe da Luxor. Fuori dalla finestra vedo la montagna tebana inondata dalla forte luce del mattino. Sento cani che abbaiano e bambini che giocano felici. L’aria è piacevolmente calda e c’è il profumo pungente della legna bruciata. Qualcuno sta cuocendo il pane. Perché dovrei avere paura?
Eppure ne ho avuta. Quando ho preso il treno per Fiumicino o sono salito sull’aereo. Poi, al Cairo la paura si è sciolta nel caos, nei rumori e nei colori di questa città straordinaria. A Luxor non riesco ad avere paura nemmeno sforzandomi.
Non sono né incosciente né insensibile e non sono nemmeno così cinico da avere cancellato dagli occhi e dal cuore i visi delle giovani vite spezzate esattamente un mese fa a Parigi. Mi tornano in mente in modo costante. Ma perché dovrei collegarli all’Egitto? Parigi è a una distanza incommensurabile da Luxor...
Qui tutto e calmo. Anche troppo. Nei giorni scorsi ho visitato siti e monumenti che in altri tempi rigurgitavano di turisti. Ora non c’è più nessuno. E non esagero. Nella Valle dei Re vagavano meno di cento stranieri. Una decina di coreani si aggirava tra le rovine di Deir el-Bahri. Al tempio di Edfu c’eravamo soltanto noi. Sabato 12 dicembre sono andato all’apertura di una mostra di antichità al Museo di Luxor che, non fosse stato per gli invitati all’inaugurazione, sarebbe stato desolatamente vuoto.
Elham Salah Eddin, direttrice del settore musei del Ministero delle Antichità, ha preso la parola e si è soffermata a lungo su quanto l’Egitto sia un Paese sicuro e ha auspicato il ritorno dei turisti che qui significano moneta sonante. Ha concluso ripetendo più e più volte «Tahia Masr!».
Viva l’Egitto! Purtroppo il Paese è tutt’altro che vivo. Non è neanche in ginocchio. Sta mangiando la polvere sollevata dal vento cattivo che spira da Oriente e per il momento appare davvero difficile che torni a respirare. «Tahia Masr!». Lo si può soltanto sperare.
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