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Un’immagine dell’acqua alta di ieri notte a Venezia

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Un’immagine dell’acqua alta di ieri notte a Venezia

Venezia nella «black list» Unesco. Perché ci avete messo tanto?

L’organizzazione si è ripetutamente piegata alle pressioni del governo italiano per non farlo

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Anna Somers Cocks

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L’Unesco ha annunciato che chiederà l’inserimento di Venezia nella lista dei siti del Patrimonio mondiale in pericolo quando il Comitato del Patrimonio mondiale si riunirà a Riyad dal 10 al 25 settembre. Il fatto che l’Unesco pare aver rinunciato alla sua apparentemente perversa riluttanza a inserire Venezia nella lista nera (l’anno scorso su pressione del governo italiano), è un’enorme concessione simbolica che potrebbe finalmente portare a un’azione nazionale o internazionale.

La motivazione addotta dall’Unesco per il suo ripensamento è che il governo non è riuscito a produrre un piano coordinato per la protezione ambientale della città e per la gestione del suo turismo. «Gli effetti del continuo deterioramento dovuto all’intervento umano, compreso il continuo sviluppo, gli impatti del cambiamento climatico e il turismo di massa minacciano di causare cambiamenti irreversibili all’eccezionale valore universale della città... Inoltre, gli effetti combinati dei cambiamenti naturali e di quelli indotti dall’uomo stanno causando deterioramento e danni alle strutture edilizie e alle aree urbane».

In realtà, nessuno di questi problemi è nuovo. L’Unesco è a conoscenza della minaccia rappresentata dal cambiamento climatico da oltre un decennio. Gli scienziati hanno dimostrato che il livello relativo del mare nel Mediterraneo si innalzerà allo stesso ritmo degli oceani e nel 2011, in un rapporto commissionato dalla stessa Unesco, gli scienziati del Cnr-Ismar, il principale istituto di ricerca marittima italiano, hanno concluso che non c’è dubbio che il livello del mare finirà per innalzarsi a un valore non sostenibile per la laguna di Venezia e la città.

Poi, nel 2019, i membri di uno dei più importanti enti culturali italiani, l’Istituto Veneto delle Scienze, Lettere ed Arti, composto da scienziati, storici e scrittori, si sono appellati all’allora premier, Mario Draghi, affinché creasse una nuova autorità per la protezione di Venezia dall’innalzamento del livello del mare, mettendo anche in copia l’Unesco, che non ha reagito.

È ormai quasi certo che, se non ci sarà un piano e un’azione sostenuta per la protezione a lungo termine di Venezia, la città non sopravvivrà all’arco di vita dei nostri nipoti. Le proiezioni regionali del 2021 dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) prevedono un innalzamento del livello relativo del mare entro la fine del secolo di 28-55 cm nella stima più ottimistica del riscaldamento globale o di 63-101 cm in quella più pessimistica; secondo la stima intermedia, considerata la più probabile, di un aumento della temperatura di 2,1-3,5 gradi, l’innalzamento del livello relativo del mare dovrebbe essere di 44-76 cm. Lo scenario intermedio comporterebbe la necessità di chiudere le barriere mobili, generalmente note come Mose, più di 260 volte all’anno, con danni insostenibili per l’ecosistema lagunare e per la città.

Il fatto che il governo italiano non abbia incluso la protezione di Venezia o di altre città costiere a rischio nei suoi piani di spesa degli eccezionali 191 miliardi di euro del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) votato dall’UE, è un segno di quanto poco l’impatto futuro del cambiamento climatico abbia influenzato il pensiero ufficiale in Italia. Per quanto riguarda la gestione del turismo, l’attuale sindaco Luigi Brugnaro non ha ottenuto nulla: tutti i suoi tentativi di controllare il numero dei visitatori con un sistema di biglietteria si sono rivelati inattuabili, mentre la sua giunta ha svenduto le case popolari che avrebbero permesso a un maggior numero di veneziani di continuare a vivere in città.

Anna Somers Cocks, 02 agosto 2023 | © Riproduzione riservata

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