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Veduta dell'installazione di Jonathan Michael Ray- The «Voice in the Shadows», mostra inaugurale presso Bo Lee e Workman. Foto Jesse Wild

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Veduta dell'installazione di Jonathan Michael Ray- The «Voice in the Shadows», mostra inaugurale presso Bo Lee e Workman. Foto Jesse Wild

Una galleria fa affari nel Somerset

Nella cittadina di Bruton è nata Bo Lee e Workman, spazio privato all’interno di una cappella metodista che «sfida» Londra

L’ascesa di Bruton è un fenomeno strano. Quindici anni fa, questa piccola città del Somerset era una zona rurale arretrata, una cittadina graziosa ma abbastanza anonima, nota soprattutto per le sue scuole private. Ora non più. No, ora è il luogo in cui i londinesi più «artistici» possono fuggire dalla città e sentirsi comunque al centro dell’attenzione: le alternative «al latte» abbondano, il negozio di fattorie curate di Hauser & Wirth vende prodotti essenziali come hamburger wagyu e kombucha, ed è probabile vedere una Jenny Holzer quanto una mucca Holstein. Naturalmente, l’inaspettata apertura del complesso di gallerie Hauser & Wirth alla periferia della città nel 2014 ha contribuito enormemente al boom di Bruton, così come la costruzione del vicino hotel di lusso The Newt nel 2019 e prima ancora di At The Chapel nel 2008, che ha portato la pizza a lievitazione naturale nel sud-ovest.

Ora la cittadina ha un’altra galleria: Bo Lee and Workman, lanciata per la prima volta l’anno scorso da Jemma Hickman, che ha aperto la sua galleria bo.lee a Bath nel 2009, a soli 25 anni, prima di trasferirla a Peckham nel 2013, e Alice Workman, che in precedenza è stata direttore senior dei centri culturali europei di Hauser & Wirth fino al 2021 (e che inizialmente si è unita a loro per lanciare la galleria del Somerset) e ha vissuto a Bruton per oltre un decennio. Sebbene la coppia abbia avviato l’attività nel 2022, la sua manifestazione fisica permanente è stata inaugurata solo nel maggio di quest’anno, in un’ex cappella metodista, ristrutturata con sensibilità dagli architetti Bindloss Dawes di Bruton, a un’estremità della strada principale. Hickman ha chiuso la sua galleria di Peckham durante la pandemia: «Stavo per avere il mio secondo figlio e mio marito ha il diabete di tipo 1, quindi nessuno dei due poteva uscire di casa. Avevo una grande galleria e tre dipendenti, quindi dovevo fare qualcosa».

La coppia decise così di trasferirsi a Bruton, vedendo la loro attuale casa «sotto la neve, nel bel mezzo del lockdown». Hickman ha conosciuto Workman in un momento di gioco tra i bambini. «Abbiamo iniziato a frequentarci un po’ e io ho detto che volevo rilanciare l’attività», racconta Hickman. «Alice aveva già lasciato Hauser e le chiesi se voleva fare un lavoro di consulenza. Quando le ho detto quali cose mancassero all’azienda, le si è accesa una luce e ha detto: “Penso che queste siano tutte le cose che potrei offrire io”. Così abbiamo deciso di entrare in società e di rilanciare l’attività come una nuova galleria». All’inizio il progetto non prevedeva uno spazio permanente: nel 2022 il duo ha organizzato alcuni eventi pop-up nella zona. Ma se avessero preso uno spazio permanente, dice Hickman, «doveva essere una galleria dove recarsi di proposito, qualcosa di speciale, per attirare le persone, non volevamo una galleria su strada». Così, quando l’anno scorso la cappella metodista è stata messa sul mercato, non hanno resistito a redigere una proposta e a fare un’offerta. È stato, dice Hickman, «come comprare una casa quando hai appena conosciuto qualcuno. Ma per entrambe era la cosa giusta da fare». La Hickman dice di «essere sempre stata ossessionata dagli edifici religiosi: l’ultima mostra che ho fatto a Bath è stata proprio nell’Abbazia cittadina».
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I lavori di ristrutturazione sono iniziati a febbraio e sono terminati a maggio, in tempo per l’inaugurazione di una mostra di opere dell’artista Jonathan Michael Ray, originario della Cornovaglia. A questa è seguita, il mese scorso, una mostra di dipinti di Kim Booker, artista che lavora negli studi TKE di Tracey Emin a Margate, e ora una mostra collettiva intitolata «Ways of Seeing» (fino al 23 settembre), ispirata al famoso libro di John Berger e con opere di Polly Morgan e Sam Bakewell, Adeline de Monseignat, Des Hughes e John Wood & Paul Harrison. Per quanto riguarda gli artisti che la galleria rappresenta, molti si sono trasferiti nel West Country da Londra negli ultimi cinque anni, come Amy Stephens, che ora vive a Bath, Will Cruickshank nel Devon e Ray in Cornovaglia.

Piuttosto che scegliere artisti direttamente dalle mostre di fine corso di laurea, Bo Lee e Workman ama lavorare con quelli «che hanno un po’ di più storia perchè hanno forse raggiunto un momento della loro carriera in cui hanno bisogno di una spinta in più», dice Hickman. Altre rappresentanze di artisti saranno annunciate nel corso dell’anno. Ma si può davvero vendere arte contemporanea progressista, opere che non siano leggermente astratte o paesaggi marini, per cifre a cinque zeri in un luogo rurale come questo? Assolutamente sì, dice Hickman: «Dal punto di vista degli affari, è la situazione migliore di sempre. Per me personalmente, Bruton è stato meglio di Londra per gli affari». La Hickman attribuisce questo risultato all’ambiente «molto transitorio e competitivo» della capitale: «Ci sono così tante gallerie. Cercare di convincere le persone a venire alle mostre era molto più difficile. Mentre a Peckham la gente sfrecciava dentro e fuori dalla galleria, qui conversa e si prende il suo tempo e le nostre inaugurazioni sono piene di gente».

La galleria espone prevalentemente opere con prezzi che vanno da poco meno di 1.000 a poco meno di 100mila sterline, vendute ad acquirenti locali eterogenei e internazionali: le opere di Booker, con prezzi che vanno da 950 a 28mila sterline, sono state vendute a collezionisti di Dubai, Hong Kong e New York, oltre che a quelli della zona. «Avendo avuto una galleria a Bath, conoscevo i clienti della zona e Alice era qui da 10 anni, quindi aveva una rete di contatti molto consolidata e una conoscenza straordinaria di un settore del mercato dell’arte molto diverso dal mio», spiega Hickman. Workman inoltre dichiarato per email: «Quando Jemma e io ci siamo incontrate e abbiamo parlato della sua galleria, è apparso subito evidente che potevamo unire le nostre ambizioni per creare qualcosa di nuovo e autentico a Bruton. I nostri principi di lavoro con gli artisti e la nostra etica incentrata sulla comunità si sono allineati, ma è stato anche chiaro quali punti di forza individuali avremmo potuto apportare alla partnership».

Mentre Hickman ha gestito la propria attività per quasi 15 anni, Workman ha avuto l’esperienza di lavorare per una grande galleria come Hauser & Wirth in un periodo di rapida espansione: «lavorare per Hauser & Wirth nel Somerset e in Spagna mi ha insegnato l’importanza di un approccio olistico per costruire una comunità intorno alla galleria. Su scala molto più piccola, Jemma e io stiamo facendo qualcosa di simile a Bruton, riunendo una comunità di artisti, collezionisti e abitanti del luogo». Sebbene la galleria non partecipi ancora a fiere («vogliamo farle, ma quelle giuste», dichiara Hickman), parteciperà a Frieze Sculpture a Regent’s Park, a Londra, il prossimo autunno (20 settembre-29 ottobre) con un’opera di Amy Stephens.

La galleria terrà anche una mostra di opere della scultrice a Bruton dal 29 settembre al 4 novembre. Le nostre esistenze remote e digitali durante la pandemia avrebbero minacciato il futuro degli spazi fisici delle gallerie e di tutti i costi ad essi associati. Ma sembra vero il contrario: il desiderio di mattoni e malta e dell’esperienza comunitaria di una galleria sembra più forte che mai. «Mi mancava davvero l’interazione, la possibilità di rendere uno spazio proprio e di fornire una piattaforma sicura ai propri artisti». Ma le manca Londra? «No, per niente!», chiosa infine Hickman.

Jemma Hickman, a sinistra, e Alice Workman nella nuova galleria. Foto Emma Lewis

Anna Brady, 10 agosto 2023 | © Riproduzione riservata

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