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Mercedes Ezquiaga
Leggi i suoi articoli«Qui solo il vento ha fretta» si legge sui cartelli di legno posti lungo le strade sabbiose di José Ignacio, un tranquillo ed esclusivo villaggio sulla costa dell’Uruguay. Alcuni paragonano questa pittoresca località turistica, situata vicino a Punta del Este, alla Saint-Tropez sudamericana. Il piccolo ex villaggio di pescatori è famoso per le sue spiagge e i tramonti spettacolari sull’Atlantico. Durante l’anno José Ignacio conta solo circa 300 residenti, ma d’estate diventa una meta ambita da viaggiatori di tutto il mondo, attratti dalla sicurezza, dall’esclusività e dal lusso.
Qui, tra dune, lagune, sabbia e mare, sorge la Fundación Cervieri Monsuárez (Fcm), uno spazio dedicato all’arte contemporanea progettato dall’architetto uruguaiano Rafael Viñoly poco prima della sua morte, avvenuta nel 2023. (Viñoly è noto per aver progettato il Tokyo International Forum e il Jazz at Lincoln Center di New York, oltre ad altri edifici in tutto il mondo). La Fcm ha l’ambizione di trasformare la zona in un nuovo centro per l’arte latinoamericana rimanendo aperta tutto l'anno, cosa insolita in una regione che si anima principalmente a gennaio, quando il sole caldo splende per 14 ore al giorno.
Alla fine di giugno, in pieno inverno australe, l’Fcm ha inaugurato la mostra «Latente» (fino al 7 settembre), una reinstallazione del Padiglione dell’Uruguay della Biennale di Venezia 2024. Nell'opera, l’artista Eduardo Cardozo immagina un dialogo poetico e materico con Tintoretto. A differenza degli altri padiglioni nazionali a Venezia, che hanno scelto di mettere in evidenza messaggi espliciti sulla migrazione, il genere o le popolazioni indigene, l’Uruguay ha optato per una sorta di silenzio eloquente, evocando non lo spostamento, ma piuttosto la connessione e l’amicizia. Il progetto, in origine curato da Elisa Valerio, sta contribuendo a plasmare la vita culturale di questa città di mare al di fuori dei confini della sua affollata stagione turistica.
La Fcm dispone di 900 metri quadrati di spazio distribuiti su tre piani, con soffitti alti 7 metri e vista panoramica sull'oceano. La sua architettura si integra nel paesaggio con un design esterno che richiama le forme preispaniche. Su uno dei lati, un’enorme parete curva in granito è stata scolpita con antiche tecniche Inca da 20 maestri scalpellini provenienti dal Perù, dove lsono impegnati nel restauro dei siti archeologici di Machu Picchu. All'ingresso della Fcm, una monumentale porta in ferro di 60 metri quadrati si fonde con la natura circostante. La facciata dell’edificio combina vetro e legno e conduce a una sala principale a doppia altezza illuminata da un lucernario. C’è anche una galleria nel seminterrato, una terrazza sul tetto e un negozio che vende tessuti, libri e altri oggetti.
Con l’obiettivo di sostenere le arti visive in Uruguay, spesso oscurate dai vicini più grandi Brasile e Argentina, la Fcm presenta tre mostre all’anno, dando carta bianca ai migliori curatori latinoamericani per sviluppare progetti unici. Lo spazio ha aperto i battenti a gennaio 2024 con una mostra di tre mesi della pittrice svizzero-argentina Vivian Suter, curata da Emiliano Valdés del Museo de Arte Moderno di Medellín, in Colombia.
Dopo una lunga pausa, la mostra successiva, dedicata all’artista paraguaiana Claudia Casarino e organizzata dal curatore indipendente Martín Craciun, ha inaugurato a ottobre. A gennaio 2025 è stata la volta della personale dell’argentino Gabriel Chaile, curata da Pablo León de la Barra del Solomon R. Guggenheim Museum di New York. Con l’attuale mostra di Cardozo, Fcm passa a una programmazione annuale, cercando di dare nuova energia alla scena artistica locale oltre i mesi estivi.
Dopo Cardozo, il programma proseguirà il 27 settembre con una mostra dell’artista indigena Chonon Bensho, incentrata sulla cosmovisione del popolo Shipibo-Konibo dell’Amazzonia peruviana. A gennaio 2026, una mostra con l'artista messicana Ana Segovia sarà curata da Magalí Arriola del Museo Tamayo di Città del Messico. Nel 2027, il ciclo si concluderà con un bando aperto per artisti e una mostra curata da Aimé Iglesias Lukin, direttore dell’Americas Society di New York.
Dietro questa ambiziosa fondazione artistica ci sono Virginia Cervieri e Pablo Monsuárez, una coppia di avvocati specializzati in proprietà intellettuale che vantano clienti internazionali tra cui Lacoste, Adidas e Bellini Cipriani. Cervieri e Monsuárez, che risiedono a Montevideo, hanno una grande passione per l’arte che li ha portati a fondare e finanziare questo progetto parallelamente alla loro collezione privata di opere di numerosi artisti uruguaiani.
Fcm si somma al crescente ecosistema culturale di José Ignacio che già comprende, tra gli altri progetti, Skyspace Ta Khut, una cupola di marmo alta 7 metri di James Turrell; Casa Neptuna, una residenza per artisti in un colorato edificio geometrico gestito dall’artista argentino Edgardo Giménez; il Museo de Arte Contemporáneo Atchugarry nella vicina Manantiales; e il Focus José Ignacio International Photography Festival,
La proliferazione di organizzazioni artistiche che promuovono artisti e curatori latinoamericani fa ben sperare per una scena artistica più solida nel continente. Il famoso disegno degli anni ‘30 «América invertida» dell’artista uruguaiano Joaquín Torres-García, uno degli artisti latinoamericani più influenti del ’900, mostra una mappa del continente capovolta per rivendicare un a propria identità senza guardare sempre a nord. In un certo senso, i nuovi progetti culturali a José Ignacio mantengono viva questa idea.

«Latente» (2024) di Eduardo Cardozo alla Fundación Cervieri Monsuárez. Courtesy Fundación Cervieri Monsuárez

Veduta della mostra di Gabriel Chaile alla Fundación Cervieri Monsuárez. Courtesy Fundación Cervieri Monsuárez