Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Giorgia Aprosio
Leggi i suoi articoliAlex Da Corte (1980) è un artista americano che lavora tra video, scultura e installazione, creando ambienti immersivi dal forte impatto cromatico e psicologico. Rielabora simboli della cultura popolare e dell’immaginario collettivo in narrazioni sospese tra ironia e inquietudine. Figure come Popeye, il diavolo, Topolino o Napoleone diventano nelle sue opere archetipi contemporanei, icone rianimate in chiave emotiva e psicologica, capaci di leggere il presente con sorprendente lucidità critica. In Italia Da Corte lavora con Galleria Gio Marconi, dove nel 2024 ha presentato la personale World Leader Pretend.
Per Art Basel Paris 2025 presenta in Place Vendôme la scultura monumentale Kermit the Frog, Even (2025), un’installazione gonfiabile sospesa sulla piazza, in equilibrio tra ironia e vulnerabilità. Alta oltre dieci metri (545 × 1061 × 1975 cm) e realizzata in nylon, poliuretano, poliestere ed elio, è presentata da Sadie Coles HQ ed è visitabile dal 20 al 26 ottobre con ingresso gratuito.
Il suo lavoro Kermit the Frog, Even può sembrare a prima vista un’ode a Kermit, l’iconica rana dei Muppet, ma in realtà l’opera nasce da fatti reali. Ci racconta come è nata?
Sono stato invitato da Cecilia Alemani a ideare un’opera per Hopscotch, un progetto di arte pubblica della durata di una settimana per Art Basel a Buenos Aires. Avevamo già collaborato in passato su una ricostruzione di un carro allegorico tratto dal Batman di Tim Burton e su una scultura di Philippe Parreno. Kermit the Frog, Even nasce da una fotografia del 1991 scattata durante la Macy’s Thanksgiving Day Parade, quando il gigantesco pallone di Kermit la Rana venne perforato da un albero e rimase afflosciato. Quell’immagine mi ha colpito per diverse ragioni.
Cosa ha fatto scattare la scintilla?
Mi ha colpito il fatto che i quasi venticinque performer che tenevano il pallone, vestiti con tute verdi in stile Kermit, continuassero a sorridere e a salutare il pubblico nonostante la catastrofe sopra di loro. Mi ha ricordato Bein’ Green, la canzone cantata da Jim Henson nei panni di Kermit, che dice: “It’s not easy bein’ green.” Curiosamente, la documentazione fotografica dell’evento è scattata davanti a un negozio chiamato FATHER AND SON. La fotografia in sé conteneva già una storia. Il mio lavoro in genere si sviluppa nel tempo proprio come una parata attraverso una città: vaga, raccoglie elementi, muta.
Un ulteriore livello di lettura dell’opera è poi il dialogo implicito con Jim Henson, creatore di Kermit.
Henson ha trascorso gran parte della sua vita dietro le quinte: è stato l’impalcatura invisibile di icone culturali come Kermit la Rana, dando loro voci e personalità capaci di andare oltre la loro materialità di semplici pupazzi. Feltro e gommapiuma diventavano così qualcos’altro: simboli di gioia, speranza e — per mancanza di parola migliore — umanità, incarnata qui da una rana palustre semi caotica e autoironica.
Quindi Kermit the Frog, Even è anche un lavoro sulle emozioni?
Riguarda le prospettive e gli inevitabili fallimenti insiti in tutte le relazioni: da padre a figlio, da amico ad amante, da persona a oggetto — lezioni di equilibrio, perseveranza e capacità di andare avanti anche quando il presente è in frantumi.
Nel suo lavoro lei appare più volte, in prima persona, interpretando figure note tra cui Braccio di Ferro o la Statua della Libertà. C’è qualcosa di lei che riconosce anche in Kermit?
Certo che mi riconosco in Kermit, è tutto braccia e gambe.
L’ultima volta che l’abbiamo vista in Italia è stato lo scorso anno, con la mostra World Leader Pretend (2024) alla Galleria Gio Marconi di Milano. Ora presenta a Place Vendôme un’enorme rana gonfiabile che lentamente si sgonfia. Torna il tema del potere, ricorrente nel suo lavoro.
Sì, sono d’accordo. Riconosco che i sistemi di potere cambiano e mutano, come tutte le cose, nel tempo. I simboli su cui facciamo affidamento possono e devono essere rivalutati, per capire cosa rappresentano. Un monumento alla guerra, come hanno notato Courbet e Marx, dovrebbe essere abbattuto.
Place Vendôme è lo spazio celebrativo per eccellenza, costruito per la monumentalità. Cosa significa installarvi un anti-monumento come Kermit?
Mi interessa l’impermanenza dei carri allegorici e delle parate. Sono lo specchio della vita: inspirano ed espirano, arrivano e si ritirano. La parata è selvaggia: è implacabile, grezza, indomabile, libera. Un monumento in bronzo è l’opposto: è fisso, e perde l’umiltà e la meraviglia del salire e scendere che appartiene a tutte le cose.
Nel 2014 Tree di Paul McCarthy venne vandalizzata proprio in questa piazza. L’arte nello spazio pubblico può avere risvolti imprevedibili. Come immagina reagirà il pubblico alla rana gonfiabile?
Amo il lavoro di Paul McCarthy. Non posso sapere come un pubblico reagirà a un’opera, ma credo nella libertà di espressione. E apprezzo anche la passione.
Dal punto di vista pratico, come viene gestita l’installazione di un’opera così complessa?
L’opera è gonfiata con una combinazione di aria pompata da un motore ed elio, per mantenerla sospesa. Resterà in aria per una settimana. Ci sono molte corde che la tengono ancorata al suolo.
Reinstallare quest’opera in occasione di Art Basel Paris 2025 la investe inevitabilmente di nuovi significati. Cosa cambia nel presentarla nel contesto di una fiera rispetto a quello di un museo?
Il messaggio di Kermit the Frog, Even rimane lo stesso qui e altrove. Parla di sopravvivenza, dell’essere verdi e dell’essere felici e leggeri, anche quando l’acqua bolle.
Crede ci sia ancora spazio per l’arte pubblica oppure crede sia destinata a diventare temporanea?
Non credo nella permanenza dell’arte pubblica. Credo nel cambiamento e nella capacità di adattarsi, in un’opera come in una vita.
Cosa aggiunge questa esperienza al suo percorso e dove vedremo il suo lavoro prossimamente?
Sono grato di aver avuto l’opportunità di far volare Kermit la Rana nel cielo di Parigi. È meraviglioso far parte di questa parata. Il 6 novembre inaugurerò una nuova mostra di sculture alla Matthew Marks Gallery di New York. Il titolo è proprio Parade.
Altri articoli dell'autore
Quella di Elmgreen & Dragset in occasione di Art Basel Paris 2025 non è solo una nuova installazione, ma il ritratto della stanchezza di un intero sistema.
Ginny e Hartley, nuora e figlio, raccontano la donna dietro l’artista e l’artista dietro la donna in occasione della mostra Still Lifes and Street Scenes da Xavier Hufkens a Bruxelles
Abbiamo incontrato Xie Lei, finalista del Prix Marcel Duchamp a Parigi per una conversazione esclusiva in anteprima.
Abbiamo incontrato il pittore a Milano per una conversazione in anteprima in occasione della sua mostra personale Physical Proof da MASSIMODECARLO.