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I reperti metallici e lapidei, tra cui colonne e mosaici, portati alla luce negli scavi degli anni Venti nel lago di Nemi in una foto d'epoca

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I reperti metallici e lapidei, tra cui colonne e mosaici, portati alla luce negli scavi degli anni Venti nel lago di Nemi in una foto d'epoca

Un tè a Manhattan sul marmo di Caligola

Il mosaico perduto è tornato al Museo della Navi romane

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Dario del Bufalo

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Giovedì 11 marzo si è tenuta nel Museo delle Navi romane sul Lago di Nemi (Roma) la cerimonia per il ritorno del mosaico perduto delle navi dell’imperatore Caligola (12 -41 d.C.). Ci sono voluti otto anni di lavoro, ricerca e burocrazia per riconsegnare al luogo di origine e al Paese di appartenenza il capolavoro di arte romana che ha compiuto duemila anni, anche se sembra moderno nel disegno e potrebbe essere stato eseguito negli anni Venti-Trenta del Novecento.

Le Navi di Caligola nel lago nemorense erano delle vere e proprie chiatte lunghe più di 70 metri, sulle quali erano costruiti edifici in marmo con pavimenti in mosaico per le feste e i baccanali orgiastici, che spesso l’Imperatore organizzava per i suoi amici e per il suo entourage. Affondate dopo l’assassinio e la damnatio memoriae del dittatore, erano conosciute e scandagliate dai pescatori del luogo fin dal Medioevo.

Leon Battista Alberti nel 1460 fece i primi tentativi di recupero subacqueo, seguiti da molti altri. Portate definitivamente alla luce con gli scavi degli anni Venti, con il parziale prosciugamento del lago, i molti reperti metallici e lapidei, come colonne e mosaici, furono divisi fra il Museo Nazionale Archeologico di Roma (oggi a Palazzo Massimo) e il Museo delle Navi romane che la propaganda di Mussolini volle sulle sponde del lago con il progetto di Vittorio Morpurgo, lo stesso architetto della Teca Ara Pacis deportato in seguito alle leggi razziali.

Il mosaico in questione è il più conservato dei vari ritrovati sui natanti romani ed era dichiarato in mani private dagli inizi del Novecento. Era passato anche per la galleria dell’antiquario Sangiorgi di Roma negli anni Cinquanta e proprio il grande antiquario aveva fornito al professor Raniero Gnoli la foto a colori che nel 2012 ho pubblicato sul mio volume Porphyry.

Questo pannello musivo (120x120 cm) si dà per disperso dagli anni Cinquanta all’ottobre del 2013, quando fu organizzata da Umberto Allemandi la presentazione di Porphyry e il «book signing» a New York nello spazio Bulgari sulla Quinta Strada. Alla manifestazione era presente buona parte del mondo dell’arte della Grande Mela e dopo la mia conferenza sul Porfido, durante la firma delle copie, varie persone, indicando la foto del mosaico stampata sul libro esclamavano: «Guarda... il mosaico di Helen!».

È stato così che è cominciata la ricerca del pavimento perduto dal dopoguerra e usato come tavolo da tè da una signora antiquaria italiana che vive a Manhattan e che dichiarerà di aver comprato il mosaico negli anni Sessanta dalla famiglia Barberini con la mediazione dell’agente segreto Rodolfo Siviero, lo 007 noto per il recupero di opere d’arte trafugate dai nazisti.

Ci sono voluti mesi di lavoro dell’ufficio del procuratore distrettuale di New York Mr. Vance, con prove documentali e fotografiche da me inviate al suo vice, Mr. Bogdanos, per determinare finalmente il giusto rientro in patria di questo bene culturale che non poteva che appartenere al Museo delle Navi del Lago di Nemi.

Per info o per segnalazioni: bufalearcheologiche@gmail.com

Una veduta del Museo delle Navi di Nemi

I reperti metallici e lapidei, tra cui colonne e mosaici, portati alla luce negli scavi degli anni Venti nel lago di Nemi in una foto d'epoca

Dario del Bufalo, 03 aprile 2021 | © Riproduzione riservata

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Un tè a Manhattan sul marmo di Caligola | Dario del Bufalo

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