Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Quando si alza lo sguardo verso Dogliani Castello è impossibile non notare il complesso del Ritiro della Sacra Famiglia che si staglia contro al cielo. L’edificio, costruito nel 1883, è stato progettato da Giovanni Battista Schellino, architetto che alla fine dell’Ottocento ha trasformato l’aspetto e l’identità della città costruendo edifici religiosi e civili di uso pubblico di gusto neogotico, realizzati con il caratteristico mattone rosso tradizionalmente prodotto in città: la Chiesa Parrocchiale di San Quirico, il Campanile e la Cappella della Chiesa di San Lorenzo, la Torre dei Cessi (sic!), l’Ospedale Civico e il monumentale ingresso del Cimitero. Il complesso comprende la Chiesetta del Ritiro della Sacra Famiglia che si affaccia su Piazza Belvedere, punto panoramico da cui si ammira il concentrico di Dogliani e la vallata del Rea, uno dei primi luoghi che ho visitato durante il sopralluogo a Dogliani Castello. La Chiesetta, che ha storicamente rappresentato uno spazio di aiuto, cura e accoglienza: convento, collegio per ragazze abbandonate, scuola, casa di riposo e ospedale di comunità, è oggi uno spazio espositivo. Fin dalla prima visita si è subito configurato come il luogo perfetto per ospitare la mostra per la seconda edizione di Radis, tanto da ispirarne il contenuto: Tutto ciò che tocchi cambia. Tutto ciò che cambi, ti cambia offre una riflessione sull’arte come strumento di guarigione, attraverso una selezione di opere di Marina Abramović, Sol Calero, Chiara Camoni, Bracha L. Ettinger, Dorothy Iannone e Nolan Oswald Dennis. La frase «Tutto ciò che tocchi cambia. Tutto ciò che cambi, ti cambia» è tratta dall’epigrafe con cui comincia il primo capitolo del romanzo La parabola del seminatore di Octavia E. Butler. Scritto nel 1993 e ambientato proprio negli anni 2024-2027, il romanzo immagina un mondo dilaniato dalle disuguaglianze, in cui la protagonista Lauren Olamina fonda il primo nucleo di un’umanità futura a partire da una nuova religione, basata sulla fede nel cambiamento come processo di guarigione. Abbracciare il cambiamento è per la protagonista l’unico modo per reagire ai tragici eventi in cui si imbatte, e per ridare un significato positivo al mondo. La citazione completa è infatti «Tutto ciò che tocchi lo Cambi. Tutto ciò che Cambi ti Cambia. L’unica verità eterna è il Cambiamento. Dio è Cambiamento», una frase tratta dal testo sacro della religione fondata dalla protagonista del romanzo.
Interno della Chiesetta e del Ritiro della Sacra Famiglia, Dogliani
Il riferimento al romanzo di Butler è ispirato da una delle opere in mostra, Notes for recovery (hold) (2020) di Nolan Oswald Dennis. In questa serie l’artista traccia diagrammi che aiutano a comprendere le ferite di un trauma e sottolinea come il processo di guarigione passi attraverso il cambiamento. Le strutture tubolari diventano metafora delle ferite ancora aperte dalla decolonizzazione. Per Dennis, attraversare queste ferite significa diventare un soggetto capace di immaginare mondi alternativi e nuove connessioni attraverso una prospettiva decoloniale. «I am trying to work with [the language] of some internal biological opening, some wound or rupture, some haemorrhage. (Sto cercando di lavorare con [il linguaggio] di qualche apertura biologica interna, qualche ferita o rottura, qualche emorragia)». Così Dennis descrive la ferita come metafora della vulnerabilità, trasformandola in una forma di resistenza e pratica politica capace di affrontare le crisi del nostro tempo, aprendo spazi di cura, dialogo e trasformazione collettiva. Le opere in mostra rappresentano in modi diversi corpi che attraversano processi trasformativi e di guarigione: Eros - Pieta n.1 (2015-2019) di Bracha, L. Ettinger affronta il dolore e la vulnerabilità attraverso un processo pittorico stratificato e meditativo, rielaborando fotografie che custodiscono l’eco di traumi collettivi del passato. In The Communicator (2012) il volto di Marina Abramović diventa un oggetto rituale catalizzatore di energie grazie all’inclusione di cristalli e minerali ritenuti curativi. L’artista venezuelana Sol Calero si ispira alla leggenda popolare venezuelana del Pica Pica, un albero che si crede possa contribuire alla realizzazione di miracoli. Mano (2018) e Corazón (2018), parte della serie Milagritos (piccoli miracoli, in spagnolo) reinterpretano i piccoli ex voto offerti dai pellegrini, che danno forma a desideri umani, come la guarigione o l’amore. La Serpentessa (2020) di Chiara Camoni, che richiama la simbologia del serpente come creatura capace di trasformarsi e rigenerarsi, tanto da diventare il simbolo della medicina. La mostra si conclude come era iniziata, con un omaggio all’eros di Dorothy Iannone: Hommage aux femmes et aux hommes (1983) celebra il corpo, l’unione estatica con l’altro e la sessualità come forze liberatorie e vitali. La mostra, concepita come un percorso circolare, invita a una riflessione sul cambiamento non solo come processo inevitabile, ma come via di guarigione e celebra la cura e l’amore come gesti capaci di rigenerare. Tutto ciò che tocchi cambia. Tutto ciò che cambi, ti cambia comprende opere dalle collezioni della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT e della Fondazione CRC con l’intento di restituirle alla visione della collettività̀ nelle diverse provincie del Piemonte.
Chiesetta e del Ritiro della Sacra Famiglia, Dogliani
L’esplorazione dei luoghi che ospitano la seconda edizione di Radis, sulle le tracce del Mondo dei vinti di Nuto Revelli, tra le testimonianze della guerra e di una quotidianità scomparsa. Un percorso tra borgate, filari, il castello medievale di Dogliani e una scuola dismessa che rivivrà nell’opera permanente di Petrit Halilaj, in dialogo con una tradizione contadina fatta di abbandoni, ritorni e resistenza
Arriva nelle Langhe il progetto che l’artista kosovaro porta avanti da quasi quindici anni. Per la seconda edizione di Radis, al posto di una piccola scuola di borgata, in disuso dagli anni Settanta, una scultura permanente di Halilaj si integrerà con il paesaggio che abbraccia le Alpi e le colline
Sesta puntata del «Diario di Radis», dedicata al racconto dell’opera realizzata da Giulia Cenci per il Chiot Rosa, un’opera permanente commissionata dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT e ispirata alle leggende della tradizione contadina che intrecciavano superstizione e religione
Dialogo tra la curatrice Marta Papini e Giulia Cenci, l'artista selezionata per la prima edizione del progetto Radis della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, su foreste, memoria, natura e interferenze