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Giovanni Pellinghelli del Monticello
Leggi i suoi articoliNella sede del Convento di San Francesco (destinata alle mostre di arte contemporanea), il Museo delle Cappuccine di Bagnacavallo (Ra) dal 21 settembre all’11 gennaio 2026 presenta la prima delle cinque mostre del progetto comune a cinque Musei della Romagna a celebrare uno dei più originali pittori italiani del ’900: Mattia Moreni (1920-99). Cinque indagini ciascuna in cinque luoghi fondamentali della biografia artistica di questo pittore e scultore che, ancorché pavese di nascita e torinese di formazione, ha legato la sua vita e la sua opera alla Romagna, lì perseguendo la propria tormentata dinamica poetica e pittorica sfuggente a qualsiasi predefinita caratterizzazione o etichetta dei movimenti e correnti dell’arte del Secondo Novecento italiano ed europeo: inquieto esploratore di confine e transfuga fra gli uni e le altre, sempre sorta di «cane perduto senza collare» (citazione non casuale del Bildungsroman del 1954 di Gilbert Cesbron, 1913-79, scrittore francese vicino alle sensibilità di Moreni).
Il progetto «Mattia Moreni. Dalla formazione a “L’ultimo sussulto prima della grande mutazione”», a cura di Claudio Spadoni, prende avvio alle Cappuccine a Bagnacavallo con la mostra «Dagli esordi ai Cartelli», curata da Spadoni e Davide Caroli, che con oltre 40 opere, molte da collezioni private, indaga i primi 20 anni di lavoro di Moreni (subito apprezzato dalla critica dell’epoca fra cui anche un giovanissimo Italo Calvino) a partire da quel periodo giovanile ancora segnato dalle contrastanti influenze dei pittori nordici, del Liberty e della Scuola Ferrarese del Quattrocento. In quegli anni Moreni partecipò alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma e visse fra Antibes, Grado, Frascati e Bologna, aderendo nella sua ricerca del suo personale linguaggio artistico al Movimento dell’Astratto/Concreto e, invitato da Lionello Venturi, al Gruppo degli Otto Pittori, tuttavia con stile caratteristico e svincolato, mai completamente allineato a quelle dottrine pittoriche. Il passaggio successivo fu all’Informale (quello di matrice francese) e lo portò all’affermazione internazionale: Moreni, vivendo dal 1956 al 1966 fra Parigi e Palazzo San Giacomo di Russi, ebbe allora il suo momento di maggiore visibilità esponendo in Italia, Francia, Germania e così sviluppando la propria poetica pittorica in un’evoluzione del tutto autonoma: è il momento in cui la pennellata informale si modifica a raccontare nell’evoluzione dei «Cartelli» quella realtà a lui contemporanea che Moreni viveva come destinata a vicina e repentina catastrofe.
Seguendo il «Catalogo Generale di Mattia Moreni» (curato da Enrico Crispolti e pubblicato da Silvana Editoriale nel 2016 grazie alla Galleria d’Arte Maggiore-g.a.m. di Bologna, dal 1999 sede dell’archivio dell’opera di Moreni), il progetto si dispiega nelle altre sedi museali dove sono approfonditi i successivi momenti del percorso artistico di Moreni: dal 10 ottobre ai Musei di San Domenico a Forlì, a cura di Rocco Ronchi, il periodo delle celebri Angurie; dal 20 ottobre alla Pinacoteca Vero Stoppioni di Santa Sofia il percorso dedicato agli Autoritratti, curato da Denis Isaia; da inizio febbraio 2026 al MAMbo di Bologna la rivisitazione dell’Antologica di Moreni curata da Francesco Arcangeli nel 1965 all’allora Galleria di Arte Moderna di Bologna, a cura di Pasquale Fameli, ed infine dal 28 febbraio 2026 al Mar di Ravenna gli ultimi cicli: Regressione della Specie e L’umanoide, a cura di Serena Simoni.
Il ciclo completo delle cinque mostre si avvale del catalogo con le immagini di tutte le opere esposte nelle cinque sedi e occasioni espositive (Dario Cimorelli Editore).

Mattia Moreni, «Autoritratto n.3», 1986, collezione privata