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Alessandro Martini, Maurizio Francesconi
Leggi i suoi articoliCappelli di paglia e teleobiettivi schierati a bordo campo. Fragole, birre e bicchieri di caffè con la scritta «Torino, Italia, 1895». Bandiere, ombrelli da pioggia e teli in testa per ripararsi dal sole. Tifosi in coda e distesi sui prati. Tribune affollate e signorine della sicurezza in gonnellino plissettato bianco. Giocatori in attesa del servizio avversario e raccattapalle a mani aperte. Melbourne, Parigi, Londra e New York. Terrarossa, prato, cemento. E tanto, tanto colore.
Martin Parr ha fotografato tutti e quattro i maggiori campionati di tennis, dagli Australian Open al Roland Garros, da Wimbledon agli Us Open, invitandoci a vederli e a osservarli attraverso il suo sguardo. E com’è lo sguardo del celebre fotoreporter britannico? Di certo ironico e attratto da tutto ciò che è inaspettato e non scontato. Parr lascia ad altri il compito di ritrarre i tennisti all’opera (certo ne ha fotografati anche lui, ma non è per questo che lo ricordiamo), perché preferisce far rivivere le «sensazioni» che lui stesso vive frequentando i quattro maggiori tornei al mondo. I visi e le espressioni del pubblico entusiasta o deluso a seconda delle circostanze, lo stesso pubblico in attesa di entrare in uno stadio oppure disteso al sole a riposare, le bandiere dei tifosi sopraggiunti da ogni dove e i raccattapalle (sempre vicini ai campioni ma simili a noi comuni mortali, e infatti da sempre molto amati dai reporter), le vedute della folla multicolore assiepata in tribuna degna di un’opera di Hieronymus Bosch o di Andreas Gursky. «Guarda! Quello lí dorme e l’altro sta scavalcando la fila. Lui sta chattando al telefono! E quella lí non può certo essere la moglie del vicino, è troppo bella per lui...», sono i commenti che facciamo mentalmente ammirando le sue fotografie.
Immagine del volume «Match Point»
Sembra che lo attirino più i campi secondari di quelli principali, ciò che accade ai margini più della partita in corso (ma spesso accadeva anche al grande Gianni Clerici, ed è anche per questo che le sue telecronache erano imperdibili). E poi Parr ama l’abbigliamento degli spettatori, lo osserva e lo documenta. Visiere con la bandiera degli Stati Uniti, cappelli in paglia con la scritta «Silently Judging» e altri con applicazioni floreali, ombrelli di ogni foggia e colore. Ci sono visi dipinti e bandiere indossate come mantelli e mostrate con la fierezza con la quale alcuni sommi pontefici seicenteschi sfoggiavano i loro manti papali. Ci sono coppie innamorate e scritte di ogni tipo, come «I Love Maria Sharapova» o «Go! Roger», e cosí via. I suoi scatti rendono evidente il motivo per cui gli Australian Open sono considerati l’Happy Slam, con le allegre zone riservate ai tifosi e la musica dal vivo. Ci confermano che il Roland Garros è il torneo con il pubblico più elegante, che Wimbledon è veramente il torneo più tradizionale che si possa concepire e che gli Us Open sono decisamente i più esuberanti. Sono i quattro tornei che Parr ha fotografato dal 2019 al 2021 su invito di Lavazza. E non è un caso, è il primo marchio di food and beverage nella storia a sponsorizzare tutti e quattro i tornei dello Slam: Wimbledon dal 2011, Roland Garros e Us Open dal 2015 e Australian Open dal 2016 (fino al 2020).
Sono tutti insieme protagonisti del volume Match Point. Tennis by Martin Parr. Nell’introduzione la curatrice Sabina Jaskot-Gill racconta il senso profondo di un’arte che va al di là della mera documentazione degli eventi tennistici, e dei luoghi pur straordinari in cui questi si svolgono. Martin Parr è di più. È «un astuto osservatore sociale, che assorbe con attenzione ciò che lo circonda mentre si aggira con discrezione con la sua macchina fotografica, individuando le scene per il loro valore estetico e per ciò che ci dicono sulle società che le hanno prodotte».
Il testo è tratto dal volume Storie di tennis. Campioni, partite e bizzarrie dello sport più bello del mondo, scritto da Alessandro Martini e Maurizio Francesconi e pubblicato nel 2025 da Einaudi
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