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Elisa Carollo
Leggi i suoi articoliDal 12 al 14 settembre, si è tenuta la terza edizione di Tokyo Gendai (anteprima VIP l’11) al PACIFICO Yokohama, confermando il suo ruolo di principale fiera d’arte internazionale del Giappone e il rinnovato dinamismo del mercato locale. Per la prima volta la fiera si è svolta a settembre (rispetto al precedente slot di luglio), una collocazione definita dal cofondatore Magnus Renfrew (uno «spazio privilegiato» nel calendario culturale giapponese, in coincidenza con il geijutsu no aki, la tradizionale stagione autunnale dell’arte). L’evento giunge in un momento di rinnovata stabilità economica, con il Paese destinato a diventare entro fine 2025 la quinta economia mondiale per PIL nominale, e di rafforzamento del mercato dell’arte nipponica, oggi il secondo in Asia e con uno dei tassi di crescita più notevoli, come rilevato da un recente studio dell’Agenzia per gli Affari Culturali redatto da Clare McAndrew. Beneficiando anche di un trattamento fiscale favorevole permesso dalla location, a un’ora dalla città principale, e da accordi speciali, la fiera si inserisce in un anno fitto di appuntamenti internazionali, tra cui Expo Osaka e la Triennale di Aichi, inaugurata la stessa settimana a Nagoya. «Soprattutto negli ultimi anni, dal 2019 al 2023, il mercato giapponese ha mostrato una crescita straordinaria», ha commentato la direttrice della fiera Eri Takane. A testimoniarlo anche l’arrivo di gallerie internazionali come Pace Gallery e la francese Ceysson & Bénétière, che hanno aperto nuove sedi ad Azabudai Hills e Ginza.

Una veduta aerea della fiera Tokyo Genday. Courtesy Tokyo Gendai. Photo: Katsura Komiyama
Quest’anno circa un terzo degli espositori era al suo debutto in fiera mentre, al contempo, alcune gallerie hanno scelto di non tornare, a conferma delle difficoltà per gli stranieri di entrare nel mercato locale, e soprattutto di aggiungere un’ulteriore fiera in un calendario di settembre già sovraccarico. Oltre a una generazione di collezionisti consolidati e di numerosi fondi, il Giappone vede oggi emergere giovani acquirenti che, spesso partiti dal settore della moda, si stanno orientando verso il design e l’arte. Parallelamente, un numero crescente di giovani facoltosi della Regione, soprattutto dalla Cina, sta acquistando immobili e si trasferisce in Giappone, ampliando il pubblico potenziale della scena creativa locale. Ma andiamo alla fiera vera e propria. Durante la preview l’atmosfera era più rilassata rispetto ad altre rassegne, favorita da un allestimento arioso che invitava alla sosta e alla riflessione. Nel pomeriggio i corridoi si sono però animati di collezionisti locali e regionali. Il layout ha accolto anche 11 installazioni di grande formato del programma Sato Meadow, tra cui le sculture lignee di Rieko Otake (Tomio Koyama Gallery), le figure bronzee e dorate di Otani Workshop (Kaikai Kiki) e la foresta ceramica proposta da Sokyo Gallery con opere di Kawai, Hamada, Leach, Marsh, Auvray e Mishima. Nel suo stand principale, la galleria di Kyoto ha allestito un’ambiziosa presentazione delle inquietanti sculture in canapa e polistirolo di Aoki Chie, dove le proporzioni umane diventano malleabili e si trasformano in nuove forme umanoidi. Già all’apertura, una grande scultura verticale era stata venduta per 7,5 milioni di yen, con opere più piccole a prezzi compresi tra 1,98 milioni e 13,2 milioni di yen.
Risultati e vendite sono arrivati soprattutto per le gallerie giapponesi fin dalla prima giornata. Fra queste, la galleria Kaikai Kiki di Murakami ha presentato un roster di artisti molto richiesti, perlopiù giapponesi e in gran parte caratterizzati da estetiche kawaii e ispirate ai manga. La lineup includeva anche diversi artisti coreani, come Hyunjun Hong, che aveva ricevuto una forte riscontro a Frieze Seoul la settimana precedente. Un’estetica simile era presente anche da Nanzuka, che ha fatto sold out delle opere pop ispirate ai manga con i personaggi dagli occhi grandi di Pex Pitakpong (prezzi compresi tra 10mila e 19mila dollari). La galleria ha inoltre presentato Yoshiki Muramatsu, un giovane artista recentemente scoperto le cui opere hanno riscosso subito interesse grazie anche ai ragionevoli prezzi (attorno ai 10mila dollari). Nel mentre, ShugoArts ha venduto più di 10 opere, anche a collezionisti provenienti dal Belgio e dall’Australia. Non lontano, Tomio Koyama Gallery ha ceduto 2 delle 3 opere esposte nel suo stand di Satoshi Ohno. È stato un forte giorno di apertura per la galleria leader di Tokyo KOTARO NUKAGA, che entro mezzogiorno aveva piazzato un importante dipinto di Tomokazu Matsuyama per oltre 100mila dollari. La galleria ha inoltre venduto due opere della pittrice in rapida ascesa Tomona Matsukawa (1milione-3milioni di yen), tre dipinti di Morimoto Keita e due opere di Yohei Chimura (400mila-500mila yen ciascuna). Dopo la sua acclamata personale all’Armory Show, l’artista nipponica-canadese Alexa Kumiko Hatanaka ha collocato un’opera per circa 4.500 dollari. Altre vendite del primo giorno hanno incluso due pezzi di Takako Araki (circa 500mila yen ciascuno), sette disegni di Takehito Koganezawa (circa 300mila yen ciascuno) e un dipinto dell’artista indigeno peruviano Rember Yahuarcani (35mila-40mila dollari).
Reduce dai successi all’Armory e a Frieze Seoul, A Lighthouse called Kanata ha presentato opere scultoree acrobatiche di Niyoko Ikuta, insieme a dipinti di Takafumi Asakura e alla tecnica karashikomi di Kentaro Sato, tra gli altri. «Qui giochiamo in casa», ha detto al fondatore della galleria Wahei Aoyama. Nel mentre, ShugoArts (con sedi a Shanghai e Tokyo) ha ceduto più di 10 opere, anche a collezionisti provenienti dal Belgio e dall’Australia. Dopo la settimana intensa a Seul, la coreana Johyun Gallery nella sezione Sato ha presentato la luminosa pittura di Kim Taek Sang (range:13mila-94mila dollari) dalla disposizione fluida e anticonvenzionale. Nello stand principale anche artisti di punta come Lee Bae, con lavori a carboncino e bronzi, oltre a opere di Ha Chong-Hyun e ai dipinti «Ecriture» più tardi di Park Seo-Bo, sostenuti dal recente picco di mercato seguito alla sua scomparsa. Johyun Gallery non era l’unica galleria coreana presente quest’anno a Tokyo Gendai: una nuova partnership con Art Busan ha infatti permesso la partecipazione di 9 gallerie coreane e 2 cinesi, in una collaborazione che si è estesa poi oltre la fiera, con una mostra speciale al TERRADA ART COMPLEX, vivace hub di gallerie a Tennozu Isle e storico partner di Tokyo Gendai. Nel mentre, un numero crescente di gallerie internazionali ha continuato a testare il mercato giapponese, con vendite agli stand giapponesi. Tra queste Sadie Coles HQ ha presentato opere di Isabella Ducrot, in vista di una mostra personale che celebra le instancabili esplorazioni materiche della novantenne artista italiana presso Ryosuku-In al Tempio Kenninji di Kyoto, durante Art Collaboration Kyoto in novembre. Star assoluta nello stand, era però Yu Nishimura, il pittore giapponese emergente il cui debutto sold-out da Zwirner all’inizio di quest’anno ha portato a un accordo di co-rappresentanza.
Pace Gallery a Tokyo ha mantenuto la maggior parte dei prezzi nella fascia delle cinque cifre, con uno stand che mescolava nomi istituzionali e da collezione, incluse sculture di Elmgreen & Dragset, dipinti di Jules De Balincourt, nuove tele di Gideon Appah e due nuove vibranti vedute psichedeliche tropicali di Alejandro Piñero Belo (artista cubano con una lunga lista d’attesa) presentate in concomitanza con la sua prima personale asiatica la settimana successiva nello spazio di Pace a Hong Kong. La francese Ceysson Bénétière ha presentato un nuovo lavoro di Bernar Venet, legato alla sua ricerca sull’architettura algoritmica e in parallelo presente con una personale inaugurata nella nuova sede di Tokyo. In stand anche opere di Antwan Horfee e Wim Delvoye, accanto a nomi più istituzionali del roster. La direttrice dello spazio, Leslie Yuo, ha riconosciuto le difficoltà operative in Giappone, dalle onerose tasse di importazione alla burocrazia pur ribadendo la scelta di Tokyo, a suo parere piazza più solida rispetto a Seul o Hong Kong, per la possibilità di sviluppare nuovi pubblici.
Di ritorno a Tokyo anche Almine Rech, che ha confermato la vendita di una versione del «Dial-a-Poem», lo storico telefono poetico di John Giorno, in una collezione privata di Hong Kong per 75mila – 85mila dollari, in aggiunta ad una serie di altre opere di Mehdi Ghadyanloo, Dylan Kraus, e Zio Ziegler. Al debutto a Tokyo anche Eva Presenhuber, che ha presentato nuove opere di Tschabalala Self e Sam Falls, tra gli altri. «I collezionisti giapponesi sono più preparati e istruiti rispetto a quelli coreani», ha commentato il direttore Andrea Grimm. «È la nostra prima partecipazione a Tokyo Gendai e la risposta è stata fantastica. Abbiamo incontrato molti nuovi collezionisti e curatori interessanti», ha detto, osservando che hanno ricevuto interesse per tutti e quattro gli artisti in mostra, ciascuno con grandi esposizioni museali previste per l’autunno 2025: Tschabalala Self all’Australian Centre for Contemporary Art (ACCA) di Melbourne, Sam Falls all’Hiroshima Museum of Art, Tobias Pils al Museum Moderner Kunst di Vienna e Shara Hughes al Norton Museum di Palm Beach.

Giorgia Boccanera e Eri Takano, direttrice della fiera Tokyo Gendai

Uno degli stand in fiera. Courtesy Tokyo Gendai. Photo: Katsura Komiyama
Questa edizione ha segnato anche la prima partecipazione della galleria di Shanghai BANK, che si è detta generalmente soddisfatta delle reazioni e delle interazioni del primo giorno. «Il Giappone è un mercato difficile da penetrare, ma abbiamo avuto alcune prevendite e una buona attività sin dal primo giorno», ha dichiarato il fondatore della galleria Mathieu Borysevicz. La galleria ha presentato opere sperimentali di Lu Yang, un’artista cinese che rappresenta e che vive a Tokyo, molto conosciuta in loco, la cui presenza è stata fondamentale per attrarre un ampio pubblico. Come ha osservato Borysevicz, anche Michael Lin, l’artista taiwanese nato a Tokyo ed esposto a lungo in Giappone, ha contribuito a generare interesse per acquisizioni istituzionali. Nel mentre, anche la galleria Sundaram Tagore (Singapore, New York e Londra) ha piazzato con successo opere di artisti nipponici in stand, fra due lavori di Hiroshi Senju (tra 400mila e 450mila dollari e 195mila dollari) e un trittico di Miya Ando per 62mila dollari.
Alla sua prima presentazione a Tokyo Gendai anche l’italiana Boccanera, che nella sezione Hana ha proposto una personale di piccole tele di Gabriele Grones. L’artista italiano ha messo in dialogo la sua pittura con l’estetica giapponese e in particolare con la forma poetica dell’haiku, capace di condensare ed evocare stati emotivi in pochi versi calibrati. «È un’esperienza intensa e molto significativa per noi essere presenti a Tokyo Gendai come unica galleria italiana», ha commentato la fondatrice Giorgia Boccanera, che ha descritto la fiera come un evento fortemente frequentato e ben organizzato, e un importante momento di dialogo tra culture, collezionisti e musei. «Abbiamo percepito grande attenzione verso l’artista che abbiamo rappresentato e un forte interesse per la scena italiana». Per Boccanera, questo è stato anche un passo fondamentale per rafforzare la presenza della galleria in Asia, un territorio che ritengono strategico e ricco di possibilità di scambio. «Esperienza sicuramente da approfondire arricchiti dagli stimoli e dagli spunti offerti dalla nostra prima partecipazione», ha concluso Boccanera.
È soprattutto la sezione Hana «flower» dedicata a personali e proposte più emergenti che lascia spazio alle scoperte a Tokyo Gendai. HARUKA ITO by Island ha presentato una delle proposte più sperimentali della fiera con Nanae Mitobe, che rielabora immagini dai social e dalla cultura pop in sculture lignee e forme in gesso. Già nota per le sue tele astratte, ha conquistato collezionisti e pubblico con installazioni teatrali dal prezzo tra 4mila e 10mila dollari, vendendo subito l’opera su Bowie e diversi altri lavori. Ugualmente originale la scelta di Unit 17 di Vancouver, che ha allestito uno stand minimale con modelli di piscine e spogliatoi, un murale in nastro adesivo e l’installazione «Pit (2025)»: una fossa rettangolare colma di scatole di carta blu, creata appositamente per la sezione Sato.
La sezione Hana ha accolto anche CON_Gallery di Tokyo con i dipinti di Minhee Kim, che stratificano colore e materia per esplorare mitologia e rappresentazioni femminili, mettendo in discussione stereotipi digitali e ideali di bellezza coreani. I suoi lavori, accessibili tra i 4mila e gli 11mila dollari, includono anche tele di grande formato in vista di una prossima mostra al Kuhmo Museum. PARCEL ha invece presentato una personale di Masamitsu Shigeta, artista giapponese e newyorkese, con tele dai 4mila ai 18mila dollari completate da cornici lignee realizzate da lui stesso. Tra le gallerie giovani al loro debutto internazionale, No Man’s Art Gallery di Amsterdam ha portato acquerelli, opere tessili e installazioni tufted di Afra Eisma. I suoi lavori, dal tono fiabesco e allegorico, costruiscono universi simbolici e tattili, con prezzi tra 3.700 e 20mila dollari. A dominare lo stand come una pianta rampicante l’opera tessile «love is louder» (2024), originariamente commissionata per la sua personale all’ICA San Diego.
Ugualmente degno di nota, anche se fuori dalla sezione, lo stand monografico che Exit Gallery di Hong Kong ha dedicato a Konstantin Bessmertny, artista siberiano con base a Macao. Le sue tele sincretiche ed eclettiche richiamano le ossessioni boschiane in un appetito enciclopedico che attraversa la storia dell’arte da Oriente a Occidente, confondendo storia e finzione e intrecciando tropi in un commento carnevalesco sull’assurdità dei comportamenti umani e delle loro ricorrenze. La sua pratica, radicata in un immaginario stratificato, rilegge la storia nelle intersezioni tra Portogallo, Giappone, religione e finzione, dall’arte Nanban alle «navi nere» portoghesi, in narrazioni mitiche ed epiche. Oltre alle gallerie, Tokyo Gendai ha riservato degli spazi per mettere in luce l’ecosistema crescente di spazi e fondazioni artistiche in Giappone come la Odawara Art Foundation di Kanagawa, la nuova Futake Foundation di Naoshima e la Obayashi Foundation di Tokyo, riconoscimento dell’impegno sia istituzionale che privato, quest’ultimo molto importante nel sostenere l’ecosistema artistico del Paese.
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