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Camilla Bertoni
Leggi i suoi articoliComincia da un grande dipinto su carta dedicato al conflitto del Vietnam la mostra che la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro a Venezia, nelle Sale Dom Pérignon, dedica a Terry Atkinson, di fatto la prima personale in un’istituzione italiana per l’artista inglese (dal 15 novembre al primo marzo 2026). Nato nel 1939 nel villaggio di Thurnscoe, nella regione dello Yorkshire, Atkinson, la cui opera è entrata recentemente nelle collezioni della Tate Modern, è uno degli artisti più significativi non solo sulla scena della Gran Bretagna, ma anche nell’ambito della ricerca di segno concettuale internazionale. Proprio da quel dipinto inizia il racconto sull’uso della pittura come forma di analisi politica e morale, ripercorrendo cinquant’anni della sua opera dove parola, immagine, storia e politica si intrecciano inscindibilmente. «L’artista è un motore di significati» è infatti il titolo della mostra, curata da Elisabetta Barisoni, dirigente dell’area musei di Venezia, e da Elena Forin. «Compito e responsabilità dell’artista, scrive Forin nel catalogo che accompagna l’esposizione, è quello di porsi e agire, secondo una definizione da lui stesso ideata, come un vero e proprio “motore semantico”, un attivatore del pensiero e dei significati radicati nei testi, nei luoghi e nelle immagini: ogni sua opera risponde alla missione di suggerire percorsi e strade laterali a quelle che di solito si attribuiscono ai soggetti scelti, spesso accompagnando ciò che compare sulle tavole, sulle carte e sulle tele con didascalie estese, che completano la storia visiva con racconti, domande, provocazioni e spiegazioni. La parola rientra quindi nell’opera e la completa necessariamente anche attraverso il suo titolo, che ben lungi dall’essere una semplice nomenclatura, è un asse cruciale tanto quanto le immagini, i materiali e i colori».
Il motore semantico si accende a partire dal tema della guerra, da sempre al centro della sua riflessione: il Goya delle «Goya Series» diventa un punto di riferimento e l’ombra del bombardiere di Hiroshima Enola Gay incombe sul nostro attuale scenario, dove la paura della guerra è tornata a essere incombente. Pur avendo abbandonato nel 1974 il gruppo Art & Language che lui stesso aveva contribuito a fondare nel 1968, insieme a David Bainbridge, Michael Baldwin e Harold Hurrell, gruppo che partecipò a Documenta 5 nel 1972, i binomi parola e immagine, visione e linguaggio, continuano a restare i poli del suo modo di operare inteso a mettere in discussione pratiche consolidate nell’arte così come le dinamiche del presente, della politica e della società, in primis le guerre. Lo documentano in mostra i disegni a partire dagli anni Sessanta fino al 2020, con i lavori legati ad Art & Language fino ai conflitti recenti, da quello irlandese ad «American Civil War», mentre il ciclo «Russel» porta l’attenzione sulla parola come nucleo concettuale dell’immagine. Sono opere che restituiscono un quadro di complessità: Atkinson affida all’arte, strumento di conoscenza, il compito e il potere di creare consapevolezza, mentre ne analizza il linguaggio. «Se il lavoro che ho realizzato negli ultimi 40 anni, afferma infatti Atkinson, ha una caratteristica che lo attraversa, è la preoccupazione di fare una critica dell’arte piuttosto che una sua celebrazione».
Terry Atkinson, «Russell 6, “I” is the Biography to which “This” belongs», 1995