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Luca Scarlini
Leggi i suoi articoliLina Bolzoni è la curatrice dell’ottima edizione Adelphi de L’idea del Theatro di Giulio Camillo (342 pp., ill., € 70,00) corredata da un apparato di illustrazioni e dalla presentazione de L’idea dell’eloquenza e del De Transmutatione, insieme ad altri testi inediti. Il gran trattato, pubblicato postumo a Venezia nel 1550, riassumeva le complesse ricerche dell’erudito, che sedussero Francesco I di Francia, suo patrono e sostenitore del suo lavoro. Questo testo, smisurato in sé, è in realtà, come rileva la curatrice, il riflesso di una visione del mondo ben più complessa. Un teatro della memoria universale, nutrito di ispirazioni cabalistiche e platoniche, in cui l’intellettuale, nato a Portogruaro e presenza importante nel mondo culturale della Serenissima, proponeva al mondo un oggetto squisitamente ambiguo. Era infatti impossibile capire se si trattasse di un vero e proprio luogo fisico, colmo delle immagini significative del mondo, o non piuttosto di un dispositivo ideale, filosofico, realizzato solo in forma di libro. In questo specchio della vita e dell’arte egli inseriva le opere degli artisti a cui era legato da relazioni personali (Lorenzo Lotto e Tiziano), come anche di quelli per cui esprimeva ammirazione (in primo luogo Leonardo e Raffaello). Lina Bolzoni, con un’ampia e accurata ricerca, ha ricostruito l’apparato iconografico perduto. Il teatro si presentava al mondo con una premessa chiara (che è poi la frase che inaugura la sezione del Primo Grado): «I più antichi e savi scrittori hanno sempre havuto in costume di raccomandare a’ loro scritti i segreti di Dio sotto oscuri velami, acciocché non siano intesi se non da coloro che (come dice Christo) hanno orecchie da udire». Questa macchina è in primo luogo il «tesoro delle belle forme», un tentativo di ricostruire l’aspetto estetico dell’esistenza, che ha sedotto nel ’900 Aby Warburg e Frances Yates.
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