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Una veduta della mostra «Massi Erratici. Il percorso umano e artistico di Simone Massi e Julia Gromskaya» all’ex Lanificio Carotti di Fermignano

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Una veduta della mostra «Massi Erratici. Il percorso umano e artistico di Simone Massi e Julia Gromskaya» all’ex Lanificio Carotti di Fermignano

Simone Massi: «Un minuto di animazione sono 500 disegni e un anno di lavoro»

All’ex Lanificio Carotti di Fermignano la carriera dell’illustratore marchigiano, vincitore di un David di Donatello, tre Nastri d’Argento e un Premio Flaiano, con i disegni della moglie Julia Gromskaya

Al Neorealismo di Simone Massi il cinema d’animazione italiano deve il suo successo sul palcoscenico internazionale. Un David di Donatello (e tre nomination), tre Nastri d’Argento (e 11 nomination), un Premio Flaiano. In totale 969 premi, collezionati in un centinaio di Paesi al mondo, una trentina di opere e trent’anni di carriera, dal primo cortometraggio firmato nel 1995. Nato nel 1970 a Pergola, in provincia di Pesaro Urbino, a metà anni Novanta un diploma in Cinema di Animazione a Urbino e uno stage allo studio di Bruno Bozzetto, Simone Massi è un artista marchigiano con salde radici contadine e un orgoglioso passato operaio. Un «animatore artigiano e resistente», da tempo noto anche oltrefrontiera grazie a lavori capaci di suscitare intensa emozione e totale partecipazione sul piano estetico e affettivo.

Patetici (nel senso appunto originario di pathos), politici e poetici. Tre P, come le iniziali di Pier Paolo Pasolini, regista a cui lo accomuna la medesima carica di crudo realismo, che nelle animazioni di Massi si traduce però in segni di raffinato lirismo. Tavole disegnate a mano, con lenta sottrazione facendo emergere l’immagine da uno sfondo di pastelli a olio e una tecnica di ripresa «a passo uno», con stop-motion che fanno scoppiettare i fotogrammi, legando i piccoli scatti percepiti dall’occhio umano in un unico flusso di coscienza. Una visione magica e una lingua vera (com’è il dialetto del suo ultimo film d’animazione «Invelle») che parla alle nostre origini, ricordandoci qual è il futuro che vogliamo (o non vogliamo) costruire. Decenni di toccanti cortometraggi che mostrano Resistenza e mondo contadino. Un mondo di cui sentirsi parte e per cui parteggiare con spirito gramsciano, anche perché altrimenti forse un giorno non ci sarà più.

«Dove sei stato tutto questo tempo?», chiede un personaggio nel finale del film. «Invelle» (In nessun posto), risponde l’altro in dialetto marchigiano. Siamo qui e resistiamo: così testimoniano le tre generazioni che attraversano sessant’anni di storia italiana in «Invelle», primo lungometraggio di animazione della sua carriera, uno dei pochi con dialoghi, anche qui radi, che parla per voce di Ascanio Celestini, Luigi Lo Cascio, Toni Servillo e Filippo Timi, nonché di suo figlio Achille. Il film è stato distribuito in sala da agosto 2024 e presentato nella sezione Orizzonti alla 80ma Mostra del Cinema di Venezia 2023, dove ha vinto il Premio Carlo Lizzani (mostra di cui è stato anche autore di manifesti e sigla dalla 69ma alla 72ma edizione, e che nel 2012 l’ha omaggiato con una proiezione speciale di tutti i suoi lavori).

Ora è la famiglia di Massi al completo a mostrarsi al pubblico in «Massi Erratici. Il percorso umano e artistico di Simone Massi e Julia Gromskaya» fino al 30 giugno all’ex Lanificio Carotti di Fermignano, un complesso industriale sorto nel XV secolo sotto il Ducato dei Montefeltro insieme a castello, mulino e cartiera, che in passato fu ex centrale elettrica sul fiume Metauro e adesso, di proprietà della ditta Megawatt Srl dal 2005, ospita nei suoi rinnovati spazi interessanti rassegne.

«Una mostra che celebra l'artigianalità, la resistenza poetica e il potere immaginifico del disegno in movimento», commentano il curatore Silvano Bacciardi e i coordinatori della mostra Giovanni e Linda Pagliardini. Esposte le memorie e i paesaggi nei disegni di Simone Massi, qui per la prima volta insieme alle evoluzioni cromatiche di Julia Gromskaya, sua moglie, disegnatrice russa (naturalizzata in Italia dal 2006): cinque cortometraggi, selezionati in 310 festival di 55 Paesi del mondo, 58 riconoscimenti internazionali. Special guest i tre figli con i loro disegni: Achille, Gemma e Sofia.

Come nasce la mostra a Fermignano?
È un’idea di Silvano Bacciardi, che ho conosciuto anni fa, ai tempi di Animavì, festival dell’animazione poetica (nato nel 2016 a Pergola proprio grazie a Simone Massi, che ne è direttore artistico, Ndr). A me non piacciono le mostre di disegni (le mie intendo) ma Silvano mi ha convinto, perché pensa e fa le cose per bene, da grande fotografo qual è. La sua idea era quella di mettere al centro il lato umano, ancor prima di quello artistico, e dunque c’è il percorso di una famiglia intera, Simone e Julia, insieme ad Achille, Gemma e Sofia.

«Massi erratici», per l’appunto. E lei com’è arrivato fin qui?
Io all’inizio ero solo Mone. Per spiegarmi dovevo dire i nomi di mio nonno, di mio padre o di mio fratello, a seconda di quanto anziano fosse l’interlocutore. Poi, volente o nolente, mi sono staccato dal resto dai Massi e, invece di recuperare le prime due lettere del nome, ho perso le ultime due: prima Simò e poi un più televisivo Sìmo. Con tutti e tre i nomignoli ho sempre disegnato. Nel momento in cui qualcuno se n’è accorto, mi sono sentito chiamare con un nome e un cognome. È un segno del tempo che passa, al punto che oggi i miei figli, per spiegarsi, dicono il nome mio.

Ad oggi, quanti cortometraggi e film ha alle spalle e a quali si sente più legato?
Intorno ai trenta, credo, la media di un’animazione all’anno. Ho a cuore «Immemoria» (1995) perché è il primo. «Pittore, Aereo» (2001) e «Nuvole, mani» (2009) perché hanno la leggerezza del sogno. «Tengo la posizione» e «Io so chi sono» (2004) perché sono io. «La memoria dei cani» (2006) e «Dell’ammazzare il maiale» (2011) perché sono tutte le persone a cui ho voluto e voglio bene. Da ultimo ci sono «In quanto a noi» (2022) e «Invelle» (2023), che sono uno specchio.

Parliamo della sua tecnica. Come lavora alle sue tavole per i film di animazione?
Disegno tutto a mano, senza l’utilizzo del computer. Un secondo di animazione per me vuol dire otto disegni, due-tre giorni di lavoro. Un minuto di animazione sono 500 disegni e un anno di lavoro. Un lungometraggio sono 40mila disegni. Per quel che riguarda il chiaroscuro, prima stendo i pastelli a olio sulla carta, poi tiro via il nero con sgorbie e puntesecche: in pratica scavo per ottenere la luce. È una tecnica sporca, faticosa e imperfetta che mi riporta al lavoro in fabbrica.

Tema e stile si fondono nei suoi lavori...
Ho solo due tematiche: il mondo contadino e la lotta partigiana. Mi pare che sia quanto di più importante si sia fatto nei secoli e allo stesso tempo quel che è stato raccontato di meno. Che sia vero o meno, al momento non c’è altro che mi interessi e vado avanti per la mia strada. C’è poi una maniera soggettiva di restituire quel tipo di storie e di immagini, provo a farlo in forma poetica e non retorica. Le mie figure sono consapevoli della loro natura di fantasmi, in bianco e nero, fatti di carta, e nella maggior parte dei casi non hanno un nome, non parlano, stanno immobili ad aspettarci. Talvolta c’è qualcosa che ci riporta coi piedi per terra: una macchia di colore, un lampo di rosso, un tuono, uno sparo, un cane che abbaia...

Ora a che cosa ti sta dedicando?
Sono uscito a pezzi dall’esperienza del lungometraggio «Invelle». Non riesco e non ho più voglia di disegnare. Da molti mesi sto portando avanti una ricerca storica su Pergola e sul suo territorio, quelli che oggi sono paesi morti e che in passato erano castelli e borghi in cui è passata la Storia con la maiuscola. Un’operazione e un lavoro in perdita, fuori moda, fuori tempo e fuori mercato. E, per questo, necessario. A lavoro terminato, a libro uscito, penserò a che cosa fare poi. Nel mio dialetto, il futuro non esiste.

L’arte per lei è...
Il tentativo di sollevare l’uomo da terra.

Una veduta della mostra «Massi Erratici. Il percorso umano e artistico di Simone Massi e Julia Gromskaya» all’ex Lanificio Carotti di Fermignano

Sanzia Milesi, 09 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

Simone Massi: «Un minuto di animazione sono 500 disegni e un anno di lavoro» | Sanzia Milesi

Simone Massi: «Un minuto di animazione sono 500 disegni e un anno di lavoro» | Sanzia Milesi