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La «Ruffiana» di Medardo Rosso, conservata nella Galleria d'Arte Moderna di Milano

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La «Ruffiana» di Medardo Rosso, conservata nella Galleria d'Arte Moderna di Milano

Sculture non autorizzate: i dilemmi dell’archivio Medardo Rosso

Come informare correttamente gli acquirenti sulle sculture postume?

Dario Jucker

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Mi contatta il Museo Medardo Rosso di Barzio (Lc) per la vicenda di un’opera andata all’asta: siamo nel 2007 ed è in corso di preparazione il catalogo ragionato della scultura (Medardo Rosso, Catalogo Ragionato della Scultura, di Paola Mola e Fabio Vittucci, Museo Medardo Rosso-Skira, Milano 2009).

Danila Marsure Rosso, pronipote dell’artista, che seguo da tempo come legale, mi informa che è appena stata venduta una «Ruffiana» attribuita a Medardo Rosso, ma che vi sono molte differenze rispetto alla scultura originale. E mi racconta anche che lei sta lavorando da alcuni anni proprio allo scopo di mettere ordine nell’archivio, perché desidera che vi sia una distinzione chiara tra:
. le sculture che Medardo ha fuso in vita, che sono i veri capolavori perché si vede la mano dell’artista sulla superficie e la sua impronta sulla fusione;
. le sculture postume fuse dal figlio Francesco, che sono opere autorizzate; cito dal catalogo ragionato: le sculture postume di Medardo Rosso sono «di qualità inferiore, fuori da ogni paragone con le opere di Medardo Rosso, questi lavori sono invece di regola confusi con gli originali al punto che anche nelle pubbliche raccolte non di rado li troviamo figurare gli uni accanto agli altri, senza alcuna indicazione che permetta di distinguere gli autentici dalle copie (legali, legalissime, ma pur sempre riproduzioni postume)»; e
. le contraffazioni, ovvero le sculture non autorizzate realizzate da terzi.

Dice che è da troppi anni che gli interessi di mercato hanno fatto circolare una grande quantità di opere da non considerarsi autografe e che tutto ciò ostacola la corretta comprensione della qualità estetica dell’opera dell’artista.
La «Ruffiana» andata all’asta non è di qualità equiparabile a quella autografa di Medardo Rosso, attualmente custodita alla Galleria d’Arte Moderna di Milano. In qualità di erede dello scultore, Danila si sente investita della missione di fare chiarezza nel mercato affinché la poetica di Rosso non sia inquinata da opere che solo un occhio inesperto potrebbe attribuirgli.

Approfondisco la questione e mi domando se valga la pena di agire in giudizio, unica opzione percorribile nel caso in cui non si trovi un accordo con la controparte. Se consigliassi al cliente di agire civilmente, il Tribunale nominerebbe un perito e sarebbe complesso fare chiarezza, poiché solamente chi conosce in modo approfondito l’opera di Medardo Rosso, per averne visto numerose sculture autografe e studiato l’archivio, potrebbe rilasciare un parere attendibile. Per fortuna il legale della controparte è ragionevole e creativo: concordiamo di tentare di cercare una soluzione stragiudiziale della controversia. Ipotizziamo di nominare un collegio di tre esperti, dei quali due sono scelti dai nostri clienti e il terzo, il cui parere sarà vincolante, sarà estratto a sorte tra una rosa di nomi proposti in numero eguale dalle parti.

I primi pareri dei periti scelti dalle parti sono, come prevedibile, opposti. La storica dell’arte Paola Mola nominata dall’archivio Medardo Rosso spiega nel dettaglio i motivi storico-artistici per i quali la «Ruffiana» venduta all’asta non può considerarsi opera autografa dell’artista: le misure non corrispondono a quelle della scultura originale, l’inclinazione del piano di supporto è differente, ma soprattutto la maniera dell’artista è sostanzialmente diversa, non è riconducibile a Rosso e i numerosi segni della superficie risultano appiattiti. Non ci resta che estrarre a sorte il nome dello storico che dovrà rilasciare il parere decisivo e, per buona sorte dell’archivio Medardo Rosso, esce il nominativo dell’allora conservatrice della Galleria d’Arte Moderna di Milano, dove si conservano varie opere dell’artista. Chi meglio di lei, che vive quotidianamente con la scultura originale, può accorgersi delle differenze tra le due opere?

Il caso termina con il riconoscimento che la «Ruffiana» venduta all’asta è una scultura non autentica; grazie alla differenza delle misure rispetto all’originale si può anche ricostruire che si tratta di un «surmoulage», ovvero di una fusione da un calco e la scultura è il risultato di una riproduzione fraudolenta. Al tema delle riproduzioni non autorizzate si collega la complessa questione delle riproduzioni autorizzate dopo la morte dell’artista, della loro corretta denominazione e di quali informazioni debbano essere date al mercato nel caso di commercializzazione. Il diritto di realizzare edizioni delle sculture è infatti trasmesso da parte degli artisti ai propri eredi o cedibile a terzi solo con un atto legale. Si è recentemente tenuto presso la Catalogue Raisonné Scholars Association di New York un convegno dal titolo «The afterlife of sculptures: posthumous casts in scholarship, the market and the law», volto a inquadrare dal punto di vista degli storici dell’arte e degli operatori del diritto la corretta terminologia da conferire alle sculture postume.

Nel caso di Medardo Rosso si trattava di una contraffazione, cioè di una copia non autorizzata e (grazie alla collaborazione del legale dell’acquirente e della buona sorte) è stato possibile percorrere una soluzione creativa e fare chiarezza. Ma dopo alcuni casi recentemente emersi, il mondo dell’arte s’interroga sulle modalità di piena informazione del pubblico e su come le sculture postume debbano essere indicate nei cataloghi per fare in modo che gli acquirenti siano correttamente informati.

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Dario Jucker, 14 agosto 2018 | © Riproduzione riservata

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