Giulia Gelmini
Leggi i suoi articoliCon uno dei pionieri del concettualismo, Robert Barry (New York, 1936), la galleria Francesca Minini propone la prima mostra del 2019, presentando dal 22 gennaio al 9 marzo opere su carta, tela e legno della più recente produzione.
Incominciando a condividere la critica concettuale dell’opera d’arte, Barry rinuncia sin dall’inizio a ogni forma di rappresentazione e narrazione. Attraverso l’utilizzo minimale del colore e l’esplorazione dei confini dello spazio vuoto, ha gettato le basi per un dialogo minimalista tra assenza e presenza di forme portate, nel corso della sua produzione, alla pura immaterialità.
L’introduzione del linguaggio nelle sue opere, iniziata negli anni Settanta, si deve all’intento di svelare la leggerezza dell’arte quando essa si svincola da ogni volontà espressiva e stilistica; questo pensiero porta alla totale riduzione dell’oggetto artistico, ora minimamente ingombrante, e all’utilizzo della parola stessa.
Celebri le sue tele monocrome sulle quali si stagliano, in cerchio o come elenchi, parole evocatrici. Circa 200 sono i vocaboli utilizzati da Barry, scelti in base alle situazioni e ai luoghi in cui l’artista espone, ma che non celano significati o valenze semantiche, bensì sono lasciati alla lettura personale dei singoli osservatori.
Le sue opere evocano concetti astratti. Vetri e specchi sono invece i materiali utilizzati di recente evoluzione. Ne scaturisce il coinvolgimento nell’opera dello spazio circostante attraverso superfici riflettenti o trasparenti.
Altri articoli dell'autore
Alla Fondazione Prada un nuovo progetto del visionario duo americano
Installazioni e sculture nella personale dell'artista israeliano
Una personale del 34enne artista scozzese nella galleria milanese
Una personale dell'artista inglese nella galleria Clima