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Sophia Kishkovsky
Leggi i suoi articoliIl centenario della Rivoluzione russa viene commemorato quest’anno dai principali musei europei e statunitensi. Già concluse le grandi mostre alla Royal Academy of Arts di Londra, che fino al 17 aprile ha presentato la straordinaria creatività seguita alla Rivoluzione e durata fino al regime di Stalin. Il MoMA di New York ha attinto alla sua collezione per raccontare la storia dell’avanguardia russa (fino al 12 marzo).
In Russia, tuttavia, i musei sono più tiepidi nella commemorazione di un anno che cambiò il mondo. Il rapporto della Russia con il suo passato rivoluzionario infatti è tutt’altro che semplice. Dopo aver messo a tacere le proteste di piazza del 2012, il Cremlino ha propagandato l’idea che le rivoluzioni sono pericolosi movimenti importati dall’estero. Eppure, la salma di Lenin è ancora esposta sulla Piazza Rossa e sue statue sono presenti in tutti gli spazi pubblici. Questa prudenza ha reso complicato per i musei organizzare mostre esplicite sul 1917. Alla base di questa ritrosia è forse la paura di entrare in contrasto con il presidente Putin, che alla scadenza del suo mandato nel 2018 sarà probabilmente rieletto per altri sei anni.
Un altro aspetto difficile per i musei è la complessità della storia rivoluzionaria. Nel 1917 ci sono stati infatti due diversi momenti: la rivoluzione di febbraio, che rovesciò l’autocrazia degli zar con la volontà di stabilire la democrazia liberale, e la rivoluzione bolscevica di ottobre, che annientò i sostenitori della sommossa precedente, portando infine all’esecuzione nel 1918 dello zar Nicola II e della sua famiglia. Entrambi questi episodi aprirono la via al dominio sovietico, al «grande terrore» di Stalin e a decenni di oppressione sociale e culturale. Il Museo di Stato dell’Ermitage di San Pietroburgo ha adottato un approccio controverso concentrandosi sullo zar e sulla sua famiglia. Una versione aggiornata della mostra «1917 Romanov & Rivoluzioni: la fine della monarchia», in corso fino al 17 settembre all’Ermitage di Amsterdam, sarà a San Pietroburgo alla fine dell’anno.
L’Ermitage ha annunciato l’intenzione di raccontare la storia del Palazzo d’Inverno nel 1917 e di esaminare il rapporto tra il museo e i leader politici. Per ora, è stata diffusa solo una generica panoramica della mostra, lasciando al museo spazio di manovra nel caso fosse necessario rivedere la sua decisione. L’istituzione ha ancora in programma un evento il 25 ottobre. «Metteremo in scena una rappresentazione nella Piazza del palazzo», ha dichiarato in febbraio in una conferenza il direttore del museo Mikhail Piotrovskij. «Un gioco di luci illuminerà di rosso il Palazzo d’inverno e quello dello Stato maggiore».
Un’altra mostra dedicata ai Romanov, «Il Palazzo di Alessandro a Tsarskoe Selo e i Romanov» (fino al 15 febbraio 2018), è in corso al Museo di Stato Tsaritsyno di Mosca. «Volevamo trasmettere l’atmosfera di orrore del 1917 e quello che ha provato la famiglia dello zar», afferma Olga Barkovets, curatrice della mostra. Altri musei hanno preferito un approccio meno espicito. Vladimir Gusev, direttore del Museo di Stato Russo di San Pietroburgo, ha annunciato una mostra «sulla vita delle persone e sulla loro arte». Alexei Levykin, direttore del Museo storico di stato della Piazza Rossa, ha affermato la necessità di rappresentare sia gli aspetti positivi che quelli «negativi» della rivoluzione. Il Museo della storia dei gulag di Mosca afferma chiaramente la sua posizione sulla rivoluzione: «Lo spirito della libertà che conquistò la società russa durante le rivoluzioni del 1917, dopo la salita al potere dei bolscevichi si trasformò in un senso di oppressione e paura», si legge all’inizio de percorso permanente.
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