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Riti di memoria. Ache77 porta l’arte urbana in galleria a Firenze

Alla Street Levels Gallery, fino all’11 gennaio 2026, oltre cinquanta opere riuniscono quarantaquattro volti, archetipi della memoria e dell’umanità, invitando a fermarsi, a guardare e a riconoscere

C’è qualcosa che resiste al tempo, che non si lascia cancellare. Sono i volti, gli sguardi, le tracce del gesto umano che emergono dal metallo, dalla ruggine, dal pigmento. Entrando alla Street Levels Gallery di Firenze, dal 14 novembre, questi volti prendono forma nelle opere di Ache77, artista urbano capace di trasformare superfici segnate dall’usura in presenze vive. La mostra si chiama «Ecce Homo, Ecce Eva (Quelli che si ricordano)», ed è esposta fino all’11 gennaio 2026.

Oltre cinquanta opere riuniscono quarantaquattro volti, archetipi della memoria e dell’umanità, invitando a fermarsi, a guardare e a riconoscere. Ache77 lavora con materiali che di per sé raccontano storie: bombolette vuote, lamiere, superfici segnate dal tempo. Su di esse lascia tracce che non descrivono ma evocano, trasformando ogni supporto in un oggetto vivo, capace di restituire presenza. La galleria diventa così un percorso collettivo, in cui ogni volto sembra dialogare con chi osserva, oscillando tra sacro e quotidiano, assenza e rivelazione.

Nato in Romania nel 1991, Ache77 ha studiato scultura all’Università di Arti Visive e Design George Enescu di Iași, dove ha unito intervento urbano e ricerca scultorea. Dal 2015 vive a Firenze, dove è artista residente e cofondatore della Street Levels Gallery, la prima galleria toscana dedicata all’arte urbana. La sua pratica dello stencil nasce come esercizio meditativo e rituale: ogni taglio, ogni incisione diventa gesto riflessivo, strumento per lasciare emergere la forma e far parlare la materia. Le maschere normografiche diventano membrane che separano e connettono, trasmettendo emozione senza parole.

Camminare tra le sue opere significa confrontarsi con la memoria e con la fragilità dell’esistenza. Gli sguardi fissano chi osserva, richiamano a riconoscere ciò che persiste tra cemento e distrazioni quotidiane. Ruggine, metallo e pigmento diventano linguaggio e segnale, presenza e testimonianza. Le opere, nate dalla strada, si ritrovano ora in uno spazio espositivo, ma continuano a parlare con la comunità. Restituiscono la parte più autentica dell’essere umano, quella che sopravvive al tempo e alla distrazione, e che continua a ricordare, a sentire, a empatizzare.

Redazione, 14 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

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