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Sarebbe piaciuta a Leonardo Sciascia, grande appassionato di acquaforte, questa mostra, «L’acquaforte per Leonardo Sciascia. Giorgio Morandi, Luigi Bartolini, Giuseppe Viviani, Edo Janich» (fino al 17 agosto) che per la prima volta vede esposti insieme quattro incisori particolarmente amati dallo scrittore siciliano. Come ha sottolineato Flaminio Balestra, direttore della Fondazione Tito Balestra Onlus e curatore dell’esposizione, lo spunto è venuto da un riferimento ai tre grandi maestri storicizzati Giorgio Morandi, Luigi Bartolini, Giuseppe Viviani, che lo stesso Sciascia citò in uno scritto che accompagnava quattro incisioni di Edo Janich nella cartella Les Automates, pubblicata da Sellerio nel 1974, dove li definì «incisori veri» tra i pochissimi.
Partendo dalle indicazioni di Sciascia, che citando Baudelaire affermava «tra le diverse espressioni dell’arte figurativa, l’acquaforte è quella che più si accosta all’espressione letteraria e che è più atta a rivelare l’uomo spontaneo», la Fondazione propone dunque una riflessione sulle poetiche peculiari di questi autori, differenti ma accomunati da quella solida padronanza della tecnica che ha permesso a ognuno di loro di distinguersi in maniera inconfondibile. Una selezione di novanta opere, sessanta delle quali reperite grazie alla collaborazione di collezionisti privati (Paolo Bassano, Alberto Marcelletti, Luciana Bartolini) e le altre trenta appartenenti alla propria raccolta permanente (donazione Anna Balestra), si articolano nelle suggestive sale del Castello Malatestiano di Longiano, sede della Fondazione, per raccontare l’ispirazione di ciascun autore e mostrare la varietà di esiti formali raggiunti.

Giorgio Morandi, «Paesaggio (casa a Grizzana)», 1927
Frutto di sensibilità particolari e decennali pratiche di lavoro, elaborate come intime scritture di forme e tratteggi, morsure e segni, i diversi nuclei di opere sono la testimonianza di linguaggi che, pur con gli stessi strumenti essenziali (inchiostro, carta e torchio) ogni autore ha voluto portare a definizione. Mettendoli a confronto, la mostra consente, dunque, di riconoscere la cifra personale e inconfondibile che ciascuno di loro ha saputo trovare, per raccontare il proprio universo poetico, in quello spazio un po’ silenzioso che la grafica ha mantenuto nel tempo. Un racconto che singolarmente è fatto di capitoli tematici (i luoghi e le cose dell’esistenza per Giorgio Morandi, opere dal 1924 al 1961, la natura per Luigi Bartolini, opere dal 1920 al 1937, le figure trasognate e metafisiche per Giuseppe Viviani, opere dal 1933 al 1958, le visioni oniriche di Edo Janich, opere dal 1972 al 1999), ma che, nella coralità qui proposta, rivela anche quanto la pratica incisoria novecentesca, nelle sue punte più alte, sia stata in grado di riflettere pienamente gli esiti della ricerca espressiva del suo secolo.
Nell’interpretazione poetica del parallelismo tra figura e parola, si colloca anche il riferimento a Tito Balestra (1923-76), il poeta longianese cui la Fondazione è dedicata, intellettuale che, come Sciascia, fu appassionato di acquaforte, collezionista e amico di artisti. A documentare l’iniziativa un catalogo con testi di Giuseppe Appella e Rolando Bellini. La mostra ha il sostegno della Direzione Generale Educazione Ricerca e Istituti Culturali del Ministero della Cultura, del Settore Patrimonio Culturale della Regione Emilia-Romagna, del Comune di Longiano, di Romagna Iniziative, e il patrocinio della Fondazione Leonardo Sciascia e di Sellerio Editore.

Edo Janich, «Il Cavaliere», 1974

Luigi Bartolini, «Pesci e Stella di Mare», 1930