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Quando i Corsini chiesero a Luca Giordano di non «correr dietro le donzelle»

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Laura Lombardi

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Nel segno di quella virtuosa collaborazione tra antiquari e istituzioni che da sempre ha contribuito alla ricchezza del patrimonio museale, si è compiuto l’acquisto da parte degli Uffizi, presso gli antiquari Francesco Antonacci e Damiano Lapiccirella, del dipinto di Luca Giordano raffigurante la «Gloria di sant’Andrea Corsini» del 1682, identificabile come il modelletto definitivo, citato nei documenti ma non più apparso al pubblico dal 1705, realizzato dall’artista per la decorazione ad affresco della cupola della Cappella Corsini di Santa Maria del Carmine a Firenze.
«L’Assunzione in Paradiso di Andrea Corsini» era stata dipinta per celebrare, come l’intera cappella (affidata da Neri e Bartolomeo Corsini all’architetto Pier Francesco Silvani), il santo di famiglia canonizzato nel 1629 da Papa Urbano VIII ed è quest’opera a sancire la fama del pittore napoletano a Firenze; dopo questa commissione Luca sarà infatti scelto per gli affreschi di Palazzo Medici Riccardi. Giordano mostra qui il raggiungimento di un’inedita sensibilità cromatica, pur già percepibile nelle due cappelle napoletane di Santa Brigida (1678) e di San Gregorio Armeno (1678-79) di poco antecedenti; per la complessa composizione dipinge più modelli, due dei quali, non approvati, sono stati rintracciati dai due antiquari nella collezione Corsini, notificata in loco negli anni Quaranta del Novecento. Il terzo, invece, è proprio questo ora rinvenuto, scelto dunque dai principi Corsini per l’esecuzione nella cappella; tuttavia, già alla fine dell’Ottocento, in seguito a divisioni familiari, il modello era stato spostato in altra sede e quindi, pur rimanendo sempre di proprietà di un ramo della famiglia Corsini, non si trovò a essere notificato.
Tale scoperta ha spinto Antonacci e Lapiccirella ad adoperarsi affinché la tela potesse rimanere a Firenze, auspicio realizzato grazie all’attenzione e alla sensibilità di Antonio Natali e a quella del suo successore Eike Schmidt. «Il pubblico pensa che il momento più bello di un antiquario sia la vendita: niente di più sbagliato», commenta Francesca Antonacci. «L’emozione vera è l’acquisto di un opera, averla scoperta, concretizzare il desiderio di possederla, sentirla finalmente tua. Questo è il sentimento che abbiamo avvertito quando abbiamo visto il dipinto di Luca Giordano “Gloria di sant’Andrea Corsini”. Raramente ci si imbatte in opere così rare, come in questo caso ancora in prima tela e con i sigilli della casata, e non più apparsa al pubblico dal 1705». Damiano Lapiccirella, dal canto suo, sottolinea come alla gioia dell’acquisto si sia accompagnata quella della ricerca capillare compiuta negli archivi della famiglia Corsini, trovandovi «le lettere scritte a Luca Giordano dai committenti, la data dell’esecuzione dell’opera, il prezzo pagato, i nomi dei due mediatori che a Napoli incassarono l’importo per il maestro e molto altro. Persino un rimprovero dei Corsini che esortavano Giordano a non correre più dietro “le donzelle” ma a concentrarsi sulla pittura!».

Laura Lombardi, 05 aprile 2017 | © Riproduzione riservata

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