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Giovanni Pellinghelli del Monticello
Leggi i suoi articoliFu nel 1785 che Luigi XVI donò a Maria Antonietta un’arcadica «Laiterie d’Agrément» nel parco dello Château de Rambouillet. La Laiterie de la Reine resta fra le più rilevanti «fabriques de jardin», padiglioni a vocazione ornamentale integranti una composizione paesaggistica di parco o giardino all’epoca tipiche delle dimore aristocratiche di campagna, del XVIII secolo.
Realizzata dall’architetto Jacques-Jean Thevenin (1732-1813) con la direzione di Hubert Robert (1733-1808), in stile classico e arenaria bianca, con due colonne doriche sotto il severo frontone, e inaugurata dall’«Autrichienne» il 26 giugno 1787 poco prima dell’inizio della fine, la Laiterie vanta opere d’alta qualità: le sculture marmoree in stile neoclassico-allegorico di Pierre Julien (1741-1804), i mobili di mogano in purissimo (e scomodissimo) Stile etrusco creati dall’ebanista Georges Jacob (1739-1814), il pastorale servizio di Sèvres (65 pezzi) disegnato da Louis-Simon Boizot (1743-1809, scultore) e Jean-Jacques Lagrenée le Jeune (1739-1821, pittore).
Il complesso è testimonianza dell’eleganza diffusa di architettura e arti decorative propria dell’entourage reale ed è archetipo del concetto di «opera d’arte totale», perfetta epitome dell’architettura paesaggista francese di fine Ancien Régime.
Nel quadro del rilancio del Domaine de Rambouillet avviata dal Centre des Monuments Nationaux, l’inizio estate 2025 ha visto il tanto atteso rientro alla Laiterie del mobilio di Jacob e dei rilievi marmorei di Julien, esempio luminoso di quel «Retour à l’Ancien» che, sull’onda della riscoperta di Pompei, caratterizza le più sofisticate espressioni decorative degli ultimi decenni del Settecento.
Tante sono state però le vicende della Laiterie dopo l’abbandono del 1793: scampata alle distruzioni sanculotte, subì invece il saccheggio di Joséphine de Beauharnais che si appropriò delle opere di Julien e delle porcellane di Sèvres per trasferirle alla Malmaison. Benché non repertoriate nell’inventario del 1814-1815 alla morte di Joséphine, oltre una ventina di opere sono però sopravvissute: al Palais Royal e alle Tuileries durante la Restaurazione, altre al Petit Trianon, vendute nel 1889 al conte Henry Greffulhe (1848-1932, modello del Duca de Guermantes proustiana) e poi a Sir Alfred Beit (1903-1994), che infine le donò al Musée de Versailles nel 1951, a completare quelle che già acquisite dal museo nel corso del tempo.
L’austerità esterna della residenza precede un interno sì altrettanto lineare ma di lusso tanto apparentemente semplice quanto ricercato: la prima «Salle Ronde», ispirata alle Terme di Diocleziano, si prolunga nella rettangolare «Salle de Fraîcheur», di lattea bianca citazione in marmo e arenaria, e poi nella «Grotte à Rochers», opera tutta marmorea di Pierre Julien in cui, sullo sfondo della cascatella e fra le pareti coi sei medaglioni de «La Mungitura del latte» e «La Produzione del Burro» e i due bassorilievi «Giove bambino fra i Coribanti» e «Apollo sorveglia il gregge di Admeto», si staglia la ninfa Amaltea e la capra nutrice di Giove, scultura in marmo bianco eseguita nel 1785-1787 nelle due versioni di Rambouillet e Louvre.
L’arredo di Jacob su disegni di Hubert Robert, in mogano massiccio nel gusto pompeiano impropriamente detto «etrusco», contava in origine un grande tavolo, quattro mensole, dieci sedie, quattro poltrone e sei sgabelli: tutti sedili «curuli» con gambe posteriori a sciabola, a schienali intrecciati, fregi e palmette nonché il servizio di Sèvres (1787-88) con la famosa Bol Sein in porcellana a pasta tenera nei colori lilla, rosa e azzurro (ciotola da latte ispirata al mastos dell’antica ceramica greca con treppiede in porcellana a pasta dura con teste e piedi di capra).
La restitutio ad integrum al Castello di Rambouillet (solo uno sgabello è andato perduto nonostante le peripezie di questi 232 anni e il tavolo originale in mogano è dal 1842 al castello di Pau) riporta alla ribalta anche l’illustratissimo volume di Antoine Maës La Laiterie de Marie-Antoinette à Rambouillet. Un temple pastoral pour le plaisir de la reine (Éditions Gourcuff Gradenigo, Parigi 2016): un fondamentale classico che nell’occasione torna bene ricordare anche per l’inquadratura meticolosa circa il ruolo fondamentale di Robert nella concezione, creazione e decorazione della Laiterie di Rambouillet, con spunti preziosi sulla poetica, la formazione e il metodo di Hubert Robert che, per quanto indiscusso autore anche di molte importanti fabriques de jardins, non vanta certo una documentazione d’archivio esaustiva.
Suddiviso in otto capitoli cronologici con appendici e bibliografie, il libro ripercorre la storia di Rambouillet prima dell'acquisto del castello da parte di Luigi XVI nel 1783, e indaga sulla moda delle Laiteries d’Agrément negli anni Ottanta e Novanta del Settecento, sul ruolo creativo di Hubert Robert con Jacques-Jean Thevenin alla forma definitiva dalla cupola con oculo ispirata a Robert dalle rovine romane. Maës rivendica inoltre con forza proprio a Robert il ruolo d’ideatore tanto delle sculture e decori marmorei ad hoc opera di Pierre Julien quanto dello Stile etrusco del mobilio di Georges Jacob e chiude con le affannate vicissitudini della Laiterie de la Reine fra Rivoluzione, i furti di Joséphine Bonaparte e gli ardori dei collezionisti ottocenteschi.

La «Laiterie de la Reine» nel Castello di Rambouillet
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