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Veronica Rodenigo
Leggi i suoi articoliVerona. Nell’aprile 2014 Luca Massimo Barbero, riunendo un secolo in 4 sale, inaugurava la nuova veste di Palazzo della Ragione. Un percorso da lui stesso denominato «Galleria con vista» che, coprendo un arco cronologico dal Risorgimento sino al 1940, ha restituito alla città parte della copiosa collezione civica Achille Forti in un intreccio con quelle di Fondazione Domus, Cariverona e alcuni prestiti temporanei.
Ora dal 6 settembre sino alla fine del 2015 il direttore artistico di questo nuovo «scrigno cittadino» propone un «aggiornamento» allestitivo. L’iter temporale si allarga sino al 1960 con un approfondimento dedicato Fronte Nuovo delle Arti e un focus sull’Arte Informale. In tutto 180 opere di cui un’ottantina costituita da nuove integrazioni (con prestiti anche da Unicredit Art Collection, Fondazione Emilio e Annabianca Vedova e collezionisti privati).
Una scommessa vinta per usare le parole stesse di Barbero a cui abbiamo chiesto qualche anticipazione e un primo bilancio che il curatore definisce estremamente positivo.
«Lo dico con felice sorpresa -prosegue- perché il raggiungimento di 270mila visitatori documenta l’interesse che Palazzo della Ragione con la galleria e la Torre dei Lamberti hanno ottenuto nei veronesi e non solo. C’è stata, in primis, una riscoperta della collezione Forti e una conoscenza delle collezioni delle Fondazioni Cariverona e Domus. La scommessa era costruire un centro di natura culturale e turistica. Poter considerare oggi quella che noi abbiamo inizialmente chiamato "galleria con vista" un nuovo complesso architettonico culturale nell’ origine vera della città antica, è una grande vittoria.
Il palazzo è anche il luogo dove si racconta Verona nonché punto di partenza per scoprire la città. Molti usano la Torre dei Lamberti come l’inizio di un itinerario. E noi suggeriamo spesso percorsi che, dal palazzo, includono luoghi straordinari ma meno noti al pubblico di massa come Sant’Anastasia, le arche scaligere che si trovano a pochissimi metri sino a Castelvecchio…».
Qual è il target dei visitatori?
Il pubblico è di natura davvero mista e di qualità. Abbiamo riscontrato che non rientra nella tipologia del «mordi e fuggi»: è un target che vuole conoscere Verona nella sua intimità. Sono accorsi tantissimi veronesi e oltre 3mila studenti nel progetto per le scuole (che a partire da settembre riproporremo con Fondazione Cariverona). È stato entusiasmante vedere i ragazzi che portavano i genitori al museo. Si va sfatando l’idea che i giovani non amino la cultura e stiamo parlando -attenzione- di una cultura che non è gridata, non è eccezionale, non è superlativa, non usa specchietti per attirare il pubblico.
Che cosa può anticiparci di questo nuovo progetto allestitivo?
Io lo chiamerei aggiornamento. La prima sala rimarrà sostanzialmente dedicata al Risorgimento. Trovo sia importante perché ricorda l’origine della città. Verona è molto connotata da quella che è stata la dominazione austriaca: i forti, alcune parti di mura…Ovviamente uno degli emblemi della galleria è l’Hayez («La Meditazione») che rimarrà sino a quando non partirà per la grande mostra milanese di quest’inverno (alle Gallerie d’Italia, Ndr). Aggiungeremo poi delle vedute di Verona di tardo ottocento, alcune quasi fotografiche e personaggi famosi dell’epoca: sculture di Puttinati ritraenti Goethe, Masaniello lo stesso Hayez …
Nella seconda sala invece proponiamo un confronto serratissimo tra i grandi giganti che traghettano l’Ottocento all’inizio del secolo: Fattori, Previati, Morbelli e Medardo Rosso Il passaggio dall’Ottocento al Divisionismo da una parte. Dall’altra la riscoperta di uno dei capolavori del pittore forse più popolare della pittura veronese tra Otto e Novecento che è Angelo dall’Oca Bianca con «L’Annunciazione»: un dipinto di gigantesche dimensioni e di fortissimo impatto che serba ancora la cornice originale. Questa stanza avrà molti cambi ma si muove sostanzialmente attorno al Simbolismo e al Divisionismo.
La terza sala, quella degli stemmi, parlerà, attraverso un respiro narrativo più lungo, delle Avanguardie, da Ca’ Pesaro sino agli anni ‘39-‘40. Lo farà con un giovane Boccioni (ricordiamo che Boccioni tenne la sua prima personale proprio a Ca’ Pesaro nel 1910) e con Casorati (grande novità costituirà l’arrivo delle Sorelle Pontorno della Unicredit Art Collection) dando sempre una grande importanza al già presente Gino Rossi (9 capolavori in tutto).
L’iter chiude con un imperdibile Sironi (di ben 3 metri per 3), «L’agricoltore» appartenente all’Unicredit Art Collection e appositamente restaurato. Quest’opera crea un diretto confronto con la già esposta martiniana donna che nuota sott’acqua: questo agricoltore raccolto, fortissimo nella sua massa gigantesca, questi suggerimenti bruni, queste volumetrie ricordano la fatica di quelle appartenenti alla martiniana figura femminile.
Che cosa ci riserva l’ultimo spazio espositivo?
La quarta sala (che inizia con il racconto del Fronte Nuovo delle Arti) raccoglie l’eredità di Arturo Martini con due suoi allievi. Uno è Alberto Viani presente con due gessi straordinari (uno dei quali peraltro esposto alla Biennale del ’48 proprio per la nascita del Fronte Nuovo). L’altro è Mirko Basaldella, altra grande riscoperta di questo allestimento. Uno scultore di fama che ha segnato internazionalmente la scultura degli anni ‘50 e ‘60 poi rimasto in ombra vicino al pittore fratello Afro. Vedremo inoltre anche il «Trittico della libertà» di Vedova (dalla Fondazione Domus), capolavoro di neoastrazione; ci saranno Santomaso, Morlotti, Corpora, Birolli che ci introdurranno a quello sviluppo in cui il Fronte Nuovo sfocia nel Gruppo degli Otto di Venturi. Infine, a caratterizzare quella parte di percorso dedicata oramai all’Informale maturo, un omaggio al feltrino Tancredi Parmeggiani, grande pittore del colore della luce degli anni Cinquanta, più due «affondi». Uno ancora dedicato a Vedova e uno a Renato Birolli, protagonista sia del Fronte sia del movimento Informale; illustrissimo veronese che ritorna a casa anche con capolavori dedicati alle Cinque Terre.
Quali sono i futuri programmi per Palazzo della Ragione?
Questo progetto si protrarrà sino alla fine del 2015 dopodiché vedremo. Bisogna valutare se inizierà una stagione espositiva o se avremo la possibilità di avviare una nuova analisi e un restauro dedicato alle opere appartenenti agli anni Sessanta e Settanta. Vorrei sottolineare che questa occasione allestitiva, per molte opere della collezione Forti, è stata motivo di pulizia, restauro, ripresentazione e studio. Palazzo della Ragione è anche un modo per restituire questa parte di capitale artistico
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L’impostazione comunque è quella di mantenere una certa dinamicità nell’allestimento...
Ci sono nuovi quadri che sono stati aggiunti, altri che sono partiti… «La Preghiera» di Casorati, ad esempio, in questi mesi ha girato a livello internazionale sino ad arrivare all’Orsay.
In un momento in cui tutti urlano l’idea di dover fare le grandi mostre noi abbiamo fatto sì che uno spazio di 4 sale con una buona collezione funzioni entrando nel circuito culturale cittadino. Questa dimostrazione sfata la maledizione legata al terribile e temutissimo termine «permanente»… che poi, ad onor del vero, permanente non è
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Luca Massimo Barbero
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