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Ottomani sul velluto

Prezzi pirotecnici dei tessuti alle aste orientali di Christie’s e Sotheby’s per pezzi della collezione Benaki Salvago

Luca Emilio Brancati

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Velluti ottomani sopra le righe nelle aste londinesi dell’ultima settimana di aprile tradizionalmente riservate alle arti orientali. Se da Christie’s il 27 aprile un velluto del XVII secolo, attribuito alle manifatture di Bursa e appartenuto al barone Edmond de Rothschild, ha fatto il botto con 489mila euro diritti compresi da una stima di 120-180mila, è da Sotheby’s che il 26 aprile si è assistito alla pirotecnica più sensazionale. Stella della vendita un intrigante velluto ottomano del XVI secolo in seta e metalli preziosi («çatma») a decoro «çintamani» (da sempre connesso con l’idea di forza e potere) che è andato venduto a oltre cinque volte la stima minima, ovvero a 1.276.000 euro, stabilendo così il nuovo record per la tipologia.

Molto bene anche i successivi cinque lotti di velluti che, più di una volta, hanno decuplicato le stime non certo modeste: un raffinato çatma a disegno «quatre-fleurs» è andato a 492.900  euro da una partenza di 47-71mila. Alla fine i 17 tessili Benaki Salvago hanno ottenuto 2,7 dei 7,2 milioni totalizzati con i complessivi 239 lotti in asta. Come si spiega questo risultato senza precedenti? Che sia stato il fascino prepotente di Argine Benaki Salvago a far aprire generosamente il portafogli dell’anonimo compratore?

Come sottolineato nel catalogo d’asta (disponibile online) raramente si presenta la possibilità di acquistare tessuti di quest’epoca, inoltre la rarità e bellezza dei velluti, l’ottimo stato di conservazione e, non ultimo, una provenienza très chic costituivano un appeal non indifferente per un collezionista o per un museo. Questa femme-fatale, mito della Parigi anni ’30, discendente degli imprenditori greci Benaki e moglie del banchiere e mercante di cotone Michael Salvago, condivise con la famiglia una collezione d’arte islamica di cui una parte venne donata al nascente museo Benaki di Atene. Certo questo potrebbe di per sé giustificare il forte interesse ma, considerata anche la temperie politico-economica di questi anni, non è da escludere un revival dell’epopea ottomana, almeno sul piano culturale. Sul nome del compratore Sotheby’s tace, ma alcune voci lascerebbero intendere che ad accaparrarsi i pezzi più belli sia stato un collezionista mediorientale, non un mercante e nemmeno un museo, nonostante il consistente interesse di questi. E si vocifera anche che i velluti ottomani potrebbero aver fatto ritorno in Turchia.

Luca Emilio Brancati, 08 giugno 2017 | © Riproduzione riservata

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Ottomani sul velluto | Luca Emilio Brancati

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