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Luana De Micco
Leggi i suoi articoliLa mostra che il Grand Palais dedica fino al 15 febbraio a Lucien Clergue mette l’accento su diversi aspetti del lavoro del fotografo di Arles, padre dei Rencontres Internationales de la Photographie, a un anno dalla sua scomparsa, a 80 anni, il 15 novembre 2014.
I «Primi album», sette in tutto, con le contact print incollate sulle pagine, erano stati a lungo dimenticati nel laboratorio di Clergue, e rappresentano oggi un’autentica rivelazione. Ci sono le prime foto di rovine e cimiteri, di saltinbanchi e acrobati, di arlecchini e malinconici pierrot, di tori e corride.
A neanche vent’anni, nel 1953, il giovane fotografo incontrò Pablo Picasso all’uscita di una corrida e gli mostrò i suoi lavori. Il maestro spagnolo ne fu affascinato. Più tardi Picasso disegnò le copertine dei suoi primi libri e gli presentò Jean Cocteau, che si ispirò alle sue immagini di nomadi per decorare la cappella di Villefranche.
Particolare rilievo è dato proprio alla serie dedicata ai gitani, con i pellegrinaggi a Saintes-Maries-de-la-Mer, dove Clergue incontrò Manitas de Plata e José Reyes, e le feste per Santa Sara, patrona dei nomadi. Così come alla serie di tori agonizzanti nelle arene, un tema a cui Clergue dedicò anche il suo primo film «Le drame du toreau», del 1965.
Ci sono poi i primi nudi, con le donne senza volto e i corpi generosi fotograte sulle spiagge della Camargue. È esposta anche una selezione di immagini degli anni ’60 e primi anni ’70 della fase psichedelica, con i paesaggi provenzali immersi in profondi chiaroscuri. La mostra è curata da François Hébel e la direzione artistica è affidata allo stilista Christian Lacroix.
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