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Stefano Miliani
Leggi i suoi articoliUn nuovo che sa di antico. Come vuole essere. Nel pomeriggio di un grigio e tiepido 30 ottobre la Basilica di San Benedetto a Norcia (Pg) ha riaperto alle autorità e, in seconda battuta, ai cittadini che fremevano per vedere l’interno della chiesa. Ricostruita, più che restaurata: nella mattina di quel terribile 30 ottobre 2016 il terremoto iniziato il 24 agosto ebbe l’epicentro a pochi chilometri dal borgo d’Europa raggiungendo magnitudo 6.5, non provocò morti ma devastò tutte le chiese della Valnerina, rese inagibili case e aziende.
L’80% di San Benedetto era in pezzi. Con un ammasso di macerie. Nove anni dopo i nursini guardano stupiti e felici l’amata basilica: avviando il cantiere a fine 2021, i tecnici del ministero della cultura con la ditta Cobar hanno concluso i lavori nei tempi prefissati e anzi con lieve anticipo (inizialmente la fine era stato prefigurata entro il Natale 2025) e nei costi stanziati. Mettiamolo in chiaro: il lavoro è stato enorme, vi hanno concorso la Soprintendenza speciale per il sisma 2016 e quella umbra, il Commissario straordinario per il sisma, la Regione Umbria, l’ente proprietario ovvero l’Archidiocesi di Spoleto-Norcia, l’Eni come sponsor tecnico, la presenza costante del Comune. L’esito? Encomiabile. Con una domanda aperta che riportiamo in chiusura dell’articolo.
Inalterati i volumi. L’esterno, con le pietre bianche e, a tratti rosate, ha riguadagnato l’aspetto gotico e romanico precedente al sisma. Compreso il campanile ricostruito nel ‘700; incluso il portico cinquecentesco addossato alla basilica di cui era rimasto appena un moncone verso la piazza. La facciata cuspidata ha i due pinnacoli e il rosone ricomposto con i pezzi antichi e, laddove quelli si erano sbriciolati, innesti nuovi. Come aveva stabilito nel 2018 la commissione del ministero allora dei beni culturali presieduta dal compianto Antonio Paolucci, la chiesa appare «com’era».
Nell’interno, il rafforzamento sismico richiesto (come ad esempio gli isolatori nelle fondamenta) è interno alle strutture e non si vede, salvo alcuni tiranti nel transetto e nell’abside. La navata ha riguadagnato l’aspetto settecentesco prescritto, ripulito di superfetazioni successive. Manca, per forza di cose, la cosiddetta «patina del tempo»: non poteva essere altrimenti. Incrociando le dita, provvederanno gli anni.
Intorno alle nicchie laterali tra colonne e capitelli la superficie ha colori tenui come un verde pallido quasi lorenese, oppure un rosso mattone più scuro laddove si è potuto riprendere le superfici terremotate e leggermente più chiaro dove sono state rifatte. Vi alloggiano di nuovo la tavola dagli echi michelangioleschi di Michelangelo Carducci (la «Resurrezione di Lazzaro» del 1560), la «Madonna con angeli e santi» di metà ‘600 di Vincenzo Manenti, la modesta Santa Lucia di un pittore nursino secentesco.
Richiede un discorso a sé la nicchia sulla sinistra con la tela della Madonna e santi del Pomarancio d’inizio ‘600: la colonna destra è volutamente obliqua e, con uno squarcio nella cornice marmorea e la posizione fuori centro del dipinto, testimonia l’ultimo terremoto. Laddove possibile queste nicchie hanno i fregi originali altrimenti una superficie piana del medesimo verde o rosso mattone integra la visione d’insieme e ricorda la distruzione del 2016.
Particolare dell’affresco nel transetto sinistro della Basilica di Norcia. Foto Stefano Miliani
Degli affreschi quello subito a sinistra dell’ingresso prima era coperto per una buona metà e tanti non lo notavano: ora si vede integralmente. Gli altri sono apparsi durante i lavori. Sempre sulla parete sinistra, risalta nella nicchia ad arco acuto la Madonna in trono con Bambino e angeli con datazione del 1478 e, in posizione leggermente avanzata sulla destra, una bella figurina femminile, resto di un affresco di primo ‘500 posto sopra al precedente senza toccarlo. Spicca, nel transetto sinistro, il grande affresco di fine ‘400 - inizi ‘500 dai pigmenti come l’azzurrite o l’ocra rossa: a sinistra san Benedetto ha la città di Norcia in una mano e a destra compare san Gregorio; al centro, il volto della Madonna con Bambino sembra di un pittore di qualità più raffinata: chissà. Sempre nel transetto sinistro, una piccola icona della Madonna sopra l’altare galleggia in uno spazio vuoto per ricordare il dipinto di Filippo Napoletano nel 1621 ridotto in pochi brandelli.
L’abside ha al centro, solitario e toccante, un magnifico crocifisso di fine XV secolo di Giovanni Antonio di Giordano proveniente dalla chiesa nursina, inagibile, del Crocifisso. La scultura sembra quasi guardare alla sua destra la teca con l’elaborato reliquiario del dente di San Benedetto di metà ‘400, ripreso dalla Cappella dei priori adiacente al Palazzo comunale in restauro. Non c’è il coro ligneo, originario di Santissima Annunziata. Nuovi gli arredi liturgici con altare e ambone dalle forme geometriche nitide e con convenzionali pannelli in bronzo, in linea con tante decorazioni sacre degli ultimi decenni.
L’elemento che presumibilmente potrà far discutere è il controsoffitto. Riprende quello della chiesa barocca, settecentesca. Una fitta sequenza di lamelle in legno lascia intravedere, quando illuminato, il soffitto con le capriate del tetto sovrastanti. Adeguata la scelta di ricreare le cornici di tre dipinti scomparsi. A titolo di cronaca, da voci carpite al volo nella chiesa riaperta qualcuno che ricorda la basilica prima del 2016 esprime perplessità, ad altri invece non dispiace. A chi scrive risulta un sobrio inserimento contemporaneo che forse richiede tempo per essere assorbito. Efficace, calda, l’illuminazione a led. A proposito: il riscaldamento corre sotto il pavimento.
Il nuovo controsoffitto nella Basilica di San Benedetto a Norcia. Foto Stefano Miliani
Riuscita la disadorna ricostruzione della cripta dove la tradizione vuole siano nati San Benedetto e la sorella Santa Scolastica. Vi si accede dalle scale dalla navata e, i portatori d’handicap, tramite un ascensore nella torre campanaria. Con brani d’affresco sopravvissuti su storie della Vergine, l’opus reticulatum recuperato, ha una piccola parata di nove reperti scoperti durante i lavori.
Le istituzioni, va registrato con merito, hanno camminato insieme anche quando hanno cambiato colore «È giusto parlare di percorso di resurrezione perché è una rinascita, un ritorno alla vita, osserva il ministro della Cultura Alessandro Giuli nell’incontro con tutti gli enti coinvolti e i cittadini nel salone del Digipass dietro la fortezza della Castellina. È qualcosa di commovente sapere che sì, ce l’abbiamo fatta, ce l’avete fatta, perché siete voi, cittadini umbri i protagonisti di questa storia di rinascita. È la comunità nursina che si fa modello per l’Italia, per l’Europa». «La riapertura è simbolo anche del grande lavoro fatto dal ministero, dai nostri tecnici e funzionari, chiosa alla nostra testata la soprintendente speciale per il sisma Claudia Cenci. Ci auguriamo che con l’aiuto di questo evento gli edifici non ancora recuperati possano avere un’ulteriore attenzione e ripresa dei lavori».
«San Benedetto ci ha insegnato che la ricostruzione, e se ne intendeva perché ha ricostruito l’Europa dopo le devastazioni barbare, è fatta sì di pietre ma soprattutto di scrupolo, di zelo, di maestria e dietro questa ricostruzione c’è tanta maestria», commenta ai cronisti in piazza il Commissario e senatore Guido Castelli. E al «Giornale dell’Arte» annuncia: «In assenza di improvvise problematiche in un anno e mezzo la Cattedrale di Norcia, Santa Maria Argentea, potrà essere restituita ed essere più sicura. Perché la sfida della ricostruzione è sempre questa: ricostruire non “com’era dov’era” ma “com’era dov’era” e con più sicurezza».
Il padrone di casa, monsignor Renato Boccardo, al nostro giornale registra come la riapertura di San Benedetto significhi «che la ricostruzione è possibile nonostante le lentezze e le delusioni di questi anni. Però penso anche alle persone che stanno ancora fuori casa e non hanno potuto riprendere le loro abitazioni e le loro aziende familiari. Ed è un messaggio anche per l’Europa: non possiamo costruirla solo sulla finanza, la politica, l’economia, dobbiamo mettere al centro il bene autentico della persona. San Benedetto si è impegnato non soltanto da un punto di vista spirituale ma anche ad accogliere le differenze, a mettere insieme persone diverse in vista del bene di tutti, non di un singolo o di un gruppo».
Prima della decisione del 2018 di ricostruire la chiesa com’era l’arcivescovo di Spoleto e Norcia aveva aperto una prospettiva stimolante: «A me sarebbe molto piaciuto conservare quello che è rimasto e rimetterlo insieme con qualche pezzo nuovo, ricorda a “Il Giornale dell’Arte”. Sia per uno sguardo di futuro, sia per mantenere la memoria del terremoto. Tutte le nostre chiese danneggiate dai terremoti manifestano stili e tempi diversi. La stessa San Benedetto è stata ricostruita più e più volte. Qui, rifacendo esattamente come prima, abbiamo cancellato la memoria e fatto un vero falso. Detto questo, l’opera è veramente molto bella, frutto dell’intesa di tanti enti pubblici e privati ed è un ulteriore messaggio: mentre viviamo un tempo in cui ognuno vuole andare per contro proprio, quando si mettono insieme le competenze, quando si ha un sogno comune, e ognuno deve fare un piccolo passo indietro per andare incontro all’altro, riusciamo a costruire qualcosa di bello». Monsignor Boccardo apre allora un interrogativo culturale: si poteva innestare un linguaggio contemporaneo sull’antico come fecero i nostri predecessori in innumerevoli chiese?
I reperti nella Cripta della Basilica di San Benedetto a Norcia. Foto Stefano Miliani
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