Come vincitrice della XIV edizione del Paul Huf Award, assegnatole per il progetto a lungo termine «The History of Misogyny», la spagnola Laia Abril (classe 1986) si vede dedicare una personale dal Foam, il museo che nel 2007 ha istituito il premio. Con «On Rape. A History of Misogyny, Chapter Two» (che dopo la chiusura dovuta all’emergenza sanitaria è ora aperta fino al 27 giugno), la fotografa espone il secondo capitolo della sua ricerca sulla misoginia, quello sullo stupro, che fa seguito al precedente «On Abortion», presentato al pubblico nel 2016 ai Rencontres de la Photographie di Arles.
Impegnata da anni a raccogliere le evidenze dei soprusi ancora inflitti alle donne, l’artista concentra lo sguardo sulle tracce di una violenza che è anche sostanzialmente culturale: oggetti e materiali d’archivio, testimonianze, vestiti indossati durante l’abuso, divise militari a dimostrare che lo stupro è un’arma di guerra, marchingegni che sono strumenti di controllo oltre che di tortura. Si tratta di un percorso doloroso, composto con la neutralità formale di un catalogo, dove si dipana senza strepito tutto l’orrore contro l’universo femminile. A Dewi Lewis è affidata la pubblicazione del lavoro, in uscita quest’anno.
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