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Erica Roccella
Leggi i suoi articoliRitratti metafisici della condizione umana, topografie dell’anima, e poi insieme non luoghi, diaspore, divagazioni liminali. Marwan Kassab-Bachi, nato a Damasco nel 1934, e poi residente per tutta la vita a Berlino, diede la forma di un volto alla tragedia del mondo. O perlomeno ne suggerì le sembianze, per macchie, per gesti irruenti, afflati dell’anima che emergono caotici dalla carne mutilata, come macerie. Adesso Christie’s Londra, dal 16 giugno, mette in mostra una maxi retrospettiva dedicata al pittore arabo, A Soul in Exile s’intitola, con oltre centocinquanta opere provenienti da musei, istituzioni e collezioni private tra Europa e Medio Oriente. «Una mostra non commerciale» – tengono a specificare dalla major, ma i lavori di Marwan sono passati più volte da Christie’s, che detiene tra l’altro il record per la sua aggiudicazione più cara in asta (Head del 1973, venduta per 378.000 sterline). E non è un caso, ovviamente, che l’esposizione inauguri all’indomani dell’annuncio di una nuova sede di Christie’s in Arabia Saudita, a Riyadh. Ne abbiamo parlato con Ridha Moumni, Chairman di Christie’s Middle East & Africa e curatore della mostra londinese.
Un'anima in esilio: chi era Marwan Kassab Bachi?
«Marwan Kassab-Bachi, o anche solo Marwan, come è noto, è uno degli artisti più influenti e acclamati dalla critica del XX secolo, nonchè una figura pionieristica dell'arte araba contemporanea. Lo conosciamo per la sua esplorazione della figurazione, per i suoi iconici "paesaggi facciali", e in effetti è stato capace di spingere la ritrattistica ben oltre la mera rappresentazione, trasformando il volto umano in un terreno metafisico che parla dell'universalità della sofferenza, della resilienza, dell’introspezione».
Complici le sue origini e la sua storia…
«Senz’altro. Marwan nacque a Damasco, in Siria, nel 1934, studiò Letteratura araba all'Università di Damasco per poi trasferirsi a Berlino alla fine degli anni '50, per frequentare la Hochschule für Bildende Künste. Ha creato un ponte tra due mondi culturali ed estetici distinti, influenzato dall'Espressionismo tedesco da un lato, ma sempre saldamente ancorato alla sua identità siriana. La sua opera si è profondamente intrecciata con la più ampia esperienza dell'esilio, sia fisica che spirituale. Isolato dalla sua terra natale e immerso nell'atmosfera esistenziale dell'Europa del dopoguerra, decise di guardare all'interno: usò la sua arte per dare forma a un senso di alienazione e dislocazione, e lo fece attraverso un uso ipnotico dello spazio della tela. Il risultato è una rappresentazione unica del volto e della testa umana, spesso concepiti come topografie mutevoli, come paesaggi dell'anima, con forme stratificate e una tavolozza che evocano insieme le tonalità della pelle e la profondità emotiva. Volti inquietanti in cui non dipingeva sembianze, ma dove scavava nelle anime. E questo processo risuona perfettamente con la cadenza meditativa della poesia araba, collegando l'esperienza interiore ai temi della terra, dell'identità e della trascendenza. In oltre sei decenni, Marwan ha prodotto uno dei corpus di opere più accattivanti e stranianti dell'arte moderna e contemporanea. Un corpus che continua a richiedere di essere visto, condiviso e riesaminato».
Questa mostra è di fatto l'ultimo tassello di un progetto più ampio che punta a valorizzare l'arte araba su scala internazionale. Le chiedo, a partire dal caso di Marwan: che cosa significa, per una casa d'aste, valorizzare un artista?
«Questo è il terzo anno in cui Christie's ospita a Londra un'importante mostra dedicata all'arte araba – una mostra non commerciale. È un progetto che rientra nel nostro impegno costante per sensibilizzare sulla ricca storia e il patrimonio artistico del Medio Oriente e del Nord Africa e per portare l'arte araba a un pubblico internazionale (e in particolare a Londra durante i mesi estivi, quando la città è una meta ambita da visitatori locali e stranieri). Non siamo solo un'entità commerciale: desideriamo essere partecipanti attivi nell’ambito culturale, condividendo le opere degli artisti su una piattaforma internazionale, anche grazie alla nostra rete di 46 uffici e un team sparso in tutto il mondo. È un privilegio collaborare con stimati collezionisti e istituzioni per realizzare una retrospettiva di questa portata. La mostra non sarebbe stata possibile senza il loro supporto».
Proprio per quest’anno è prevista l'apertura della maxi sede di Christie’s a Riyadh, il primo avamposto permanente in Arabia Saudita. Ed è tutto ovviamente concatenato…
«Esatto. Christie's ha annunciato la sua espansione nel Regno dell'Arabia Saudita nel settembre 2024 con la nomina di Nour Kelani a Direttore Generale con sede a Riyadh. L'ufficio è aperto dal 2024 e il team di Riyadh continua a crescere per offrire ai nostri collezionisti, già esistenti e nuovi, una competenza regionale e un servizio esemplari. Abbiamo clienti sauditi da molti anni ormai e siamo onorati di poter ora beneficiare delle entusiasmanti opportunità commerciali del Regno in questo momento di grandi cambiamenti. Lato nostro, ci impegniamo a creare collaborazioni significative con istituzioni e fiere d'arte del luogo, per essere parte attiva del suo ecosistema artistico e culturale. Come nel caso delle partnership con la Biennale d'Arte Contemporanea di Diriyah, la Biennale di Arti Islamiche e la prima Riyadh Art Week nel 2025… Ampliando il raggio d’azione, Christie's è attiva in Medio Oriente dal 2005, anno in cui è stato aperto un ufficio negli Emirati Arabi Uniti. Di recente abbiamo investito ulteriormente nel crescente team di esperti e specialisti con sede a Dubai, con l'aggiunta di un responsabile della divisione gioielli annunciata di recente. Sempre a Dubai, dal 2006 vendiamo arte moderna e contemporanea mediorientale, continuando a garantire che questa categoria e le opere di artisti arabi ricevano il pieno supporto in tutta la regione e a Londra».
Ecco, soffermiamoci su Londra – e sull’Europa in generale. Qual è la salute del mercato dell'arte araba contemporanea da questa parte del mondo?
«Nonostante la rapida crescita del mercato dell'arte in Medio Oriente, Londra e l'Europa continuano a essere centri importanti per l'arte araba moderna e contemporanea. Londra in particolare ospita una vivace comunità e diaspora araba, particolarmente coinvolta nelle nostre Marquee Weeks e nella programmazione tutta – a livello sia privato che istituzionale. Stiamo assistendo a una crescente presenza di artisti arabi contemporanei anche nei principali musei e gallerie commerciali di tutta Europa. Solo per fare qualche esempio: Huguette Caland: A Life in a Few Lines, la prima grande retrospettiva europea al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía; oppure Présences Arabes al Musée d'Art Moderne de Paris; e ancora la prossima mostra Baya alla Tate. Essendo una delle città più cosmopolite del mondo, Londra è senz’altro un centro fondamentale per presentare l'arte araba a un pubblico internazionale. E a questo proposito: oltre alla prossima mostra Marwan: A soul in exile, a novembre terremo a Londra le nostre vendite annuali di arte moderna e contemporanea mediorientale, con una selezione curata di capolavori di artisti arabi».
Ci sono nomi arabi che negli ultimi anni, più di altri, hanno acquisito notorietà (e valore) in Occidente?
«Abbiamo osservato un crescente interesse per l'arte araba moderna in Medio Oriente, forse spiegato dalla necessità di vedere rappresentate le radici e la storia di una regione dall’identità in rapida evoluzione. Nel frattempo, in Europa e negli Stati Uniti, artiste arabe contemporanee come Samia Halaby, Manal Al Dowayan e Huguette Caland stanno diventando sempre più protagoniste di importanti mostre ed eventi internazionali, nonché di premi prestigiosi come il Turner Prize e il Prix Marcel Duchamp – il che sottolinea ulteriormente il riconoscimento e la domanda da parte dei collezionisti globali. Questa tendenza si è affermata in particolare a partire dalla 60a Biennale di Venezia, Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere, che ha segnato una pietra miliare significativa nella narrativa artistica globale».
Torniamo alla mostra. Nelle gallerie di Christie's accogliete oltre 150 opere di Marwan, tra dipinti, disegni, opere su carta e multipli. Da dove provengono?
«Collaboriamo con musei, istituzioni e collezioni private in Europa e Medio Oriente, e di questo siamo davvero onorati. Molte prestigiose organizzazioni hanno reso possibile il progetto grazie alla loro fiducia e ai loro generosi prestiti, tra cui la Fondazione Atassi (Dubai), la Barjeel Art Foundation (Sharjah), Darat al Funun – The Khalid Shoman Collection (Amman), la iSelf Collection (Londra), la Pinault Collection (Parigi), la Ramzi and Saeda Dalloul Art Foundation (Beirut) e la Sharjah Art Foundation Collection. Siamo altrettanto grati per il prezioso supporto di diversi importanti collezionisti privati. Un ringraziamento speciale va alla Berlinische Galerie – Museum of Modern Art, Photography and Architecture, che possiede la più significativa collezione istituzionale di opere di Marwan e che ha generosamente prestato oltre 30 importanti lavori per questa mostra».
Visti gli studi di Marwan in Germania, e vista la loro amicizia, il suo lavoro è stato spesso paragonato – o perlomeno confrontato – con quello di Georg Baselitz. Che cosa li accomuna e in che cosa differiscono profondamente?
«Marwan si trasferì a Berlino nel 1957 con l'intenzione di stabilirsi definitivamente a Parigi, ma rimase nella capitale tedesca per il resto della sua vita. All'inizio della carriera, espose alla Galleria Springer insieme ai pittori tedeschi Georg Baselitz (nato nel 1938) ed Eugen Schönebeck (nato nel 1936), nell'ambito del movimento europeo noto come Nuova Figurazione, che reagiva all'astrazione non figurativa e cercava di reintrodurre la figura umana attraverso l'uso espressivo del colore e della forma. Fu profondamente ispirato dall'Espressionismo, emerso all'inizio del XX secolo, e si concentrò sempre sulla dimensione psicologica ed emotiva della figura umana. Proprio come Marwan, Baselitz l’ha esplorata attraverso la distorsione, la frammentazione e l'intensità, e questo ha creato parallelismi tra i loro approcci alla rappresentazione della condizione dell’uomo. Entrambi – Marwan e Baselitz, ognuno a suo modo – hanno sviluppato il proprio linguaggio nel contesto sociopolitico della Germania del dopoguerra, riflettendo una consapevolezza condivisa della scena artistica berlinese degli anni '60 e '70. E oggi le loro opere sono esposte fianco a fianco in importanti istituzioni tedesche, come lo Städel Museum di Francoforte».
Marwan ha dato forma a vari soggetti, ma quello più noto (e più di successo, sul mercato) è senza dubbio la testa umana, con tutte le sue sfaccettature e mappature psicologiche. Qual è il capolavoro della mostra?
«Trovo incredibilmente difficile selezionarne una soltanto. Questa mostra offre una visione davvero rara e completa del percorso artistico di Marwan, ci sono capolavori di ogni fase della sua carriera (che abbraccia oltre sei decenni, dal 1953 al 2014, vale a dire due anni prima della sua morte). Personalmente, il mio interesse più profondo risiede nello sviluppo da parte di Marwan del motivo dei "paesaggi facciali" e nella profonda maturazione del suo stile durante gli anni Settanta. Questo periodo segna una svolta cruciale, soprattutto dopo il 1973, quando gli fu assegnata una borsa di studio di un anno alla Cité des Arts di Parigi. Qui Marwan usò sempre più i propri lineamenti come uno specchio, a volte apertamente, altre volte sottilmente, inglobandosi nei volti che dipingeva, tra mistero e sensualità. Il risultato: paesaggi della psiche, dove carne, terra ed emozioni si fondevano. Quindi, per esprimere una mia preferenza: menzionerei la sala dedicata alla sua storica mostra del 1976 all'Orangerie Charlottenburg di Berlino, che ottenne il plauso della critica e affermando la posizione di Marwan nel panorama artistico europeo».
Due opere su cui soffermarsi, allora.
«Kopf (Testa), del 1975-1976, che è stata generosamente concessa in prestito dalla Barjeel Art Foundation di Sharjah. Cattura uno sguardo intenso e introspettivo attraverso audaci pennellate a tempera, riflettendo l'esplorazione delle emozioni umane da parte di Marwan. La Barjeel Art Foundation non solo è uno dei nostri stimati sponsor, ma possiede anche un numero significativo di opere di Marwan nella sua collezione, che saranno tutte prestate a Christie's per questa mostra. E poi c’è Im Bett II (A letto II), del 1973. Gentilmente prestata dalla Berlinische Galerie, offre una scena più intima, utilizzando ricche texture a olio per trasmettere vulnerabilità e quieta contemplazione. La Berlinische Galerie ha contribuito con numerose opere alla mostra, a testimonianza del suo impegno nella conservazione e promozione dell'arte moderna e contemporanea».
Per chiudere: i prossimi passi e appuntamenti in calendario, da Christie’s, in tema di valorizzazione dell’arte araba.
«Ci aspetta un'entusiasmante seconda metà del 2025, con un calendario dinamico di vendite, programmi pubblici ed eventi che celebrano il 20° anniversario di Christie's negli Emirati Arabi Uniti. A novembre, ospiteremo le nostre aste annuali dal vivo di arte moderna e contemporanea mediorientale presso la sede centrale di Londra, con importanti opere di collezionisti della regione - sempre accompagnate da esposizioni, conferenze ed eventi. L'anno a venire promette anche mostre e iniziative in tutto il Medio Oriente e ci impegniamo a mantenere una forte presenza in tutta la regione. Uno dei nostri obiettivi principali è espandere la portata delle nostre mostre oltre Londra. E in questo senso prevediamo di portare la retrospettiva su Marwan in tournée in Medio Oriente nel 2026, rendendo questa importante mostra accessibile a un pubblico più ampio nella regione».
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