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Manifesta 12 vuole diventare un’anti Biennale

Racconta il progetto il coordinatore Ippolito Pestellini Laparelli, dello studio Koolhaas

Giusi Diana

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Manifesta 12 si terrà a Palermo dal 15 giugno al 4 novembre 2018 (preview il 13 e 14 giugno). La Biennale europea  itinerante di arte contemporanea, con sede ad Amsterdam, che il prossimo anno toccherà l’Italia per la seconda volta (Manifesta 7 si tenne nel 2008 in Trentino-Alto Adige), rimarrà aperta al pubblico per più di quattro mesi: «La piu lunga edizione di sempre», come annunciato dalla direttrice Edwig Fijen.

Intanto sono già al lavoro i curatori, o meglio i «creative mediator»: sono Mirjam Varadinis, curatrice svizzera della Kunsthaus di Zurigo; l’architetto e artista spagnolo Andrés Jaque, residente tra New York e Madrid, fondatore dell’Office of Political Innovation che lavora tra ricerca, politica e design, e Bregtje van der Haak, giornalista e regista di documentari olandese, che dedica particolare attenzione a progetti transmediali sul cambiamento sociale a lungo termine. Sono coordinati dall’architetto italiano Ippolito Pestellini Laparelli dello studio Oma-Office for Metropolitan Architecture di Rem Koolhaas. Insieme costituiscono il team che firmerà il progetto curatoriale della prossima mostra biennale europea, che sembra determinata a essere un’edizione di svolta, una sorta di anti Biennale, come è stata definita da James Voorhies, per il taglio interdisciplinare che la caratterizza, fin dalla collaborazione con gli architetti e urbanisti dello studio di Koolhaas.


Oma sta completando la prima fase del progetto che porterà a Manifesta 12 lo studio urbano per Palermo, come racconta Ippolito Pestellini Laparelli a Milano in occasione della Design Week: «Stiamo finendo di lavorare a un progetto di ricerca che mette insieme antropologia, sociologia e mappatura geourbana, ci dice. Naturalmente orientando lo studio anche nella direzione che interessa ai creative mediator, con i quali mi confronto». 

Quali sono i temi della sua proposta curatoriale? 
Come già detto da Edwig Fijen, una delle caratteristiche più importanti di Palermo è il sincretismo culturale. Si pensi alla presenza in città di un tempio Tamil, dove il culto di Santa Rosalia è stato adottato in virtù di una somiglianza iconografica con le loro divinità. Questo è un esempio abbastanza noto, ma abbiamo mappato centinaia di casi. La proposta curatoriale (il concept artistico e il programma verranno presentati a fine giugno, Ndr) si baserà sulle informazioni che emergono da questa mappatura, ossia sarà espressione della città stessa, non verrà imposto come un elemento astratto. Un altro tema è certamente quello delle migrazioni, inteso non solamente dal punto di vista dell’emergenza, come trasmesso dai media. Molta arte contemporanea riflette come un’eco questi temi, pochi si interrogano sull’impatto a lungo termine di questi fenomeni che riguardano, su grande scala, non soltanto gli esseri umani, ma anche specie animali e vegetali. 

Che cos’altro avete mappato?
Quaranta archivi privati, tra cui quello di Ernesto Basile e di Nino Di Gennaro. Sono dei tesori di fatto inaccessibili. Fra le cose che Manifesta dovrebbe realizzare, c’è la messa a sistema di queste informazioni affinchè vengano rese pubbliche e gli archivi non rimangano dietro una porta chiusa. 

Questa Manifesta si caratterizza per il taglio interdisciplinare. Che ruolo avrà l’arte contemporanea?
Basterà selezionare gli artisti giusti per il tema giusto: ad esempio artisti che lavorano con gli archivi. Ma abbiamo anche mappato tutti i film che sono stati girati a Palermo e tutte le relative location, per capire come la città, attraverso i decenni, è stata raccontata dal cinema. Gli artisti lavoreranno su questo materiale e lo rielaboreranno.

Torniamo allo studio urbano di Oma: come verrà diffuso e con quale finalità?
L’Urban Study è un libro di 400 pagine che contiene diagrammi, mappature, interviste (come quella a Franco Maresco) e verrà consegnato al sindaco Leoluca Orlando e ai vari stakeholder. Faremo delle presentazioni pubbliche, ma l’idea principale è che sia uno strumento di lavoro: a partire da settembre servirà infatti a lanciare in quattro diverse università delle Unità di ricerca sulla città, mettendo in rete Zurigo, Delft e l’Università di Palermo, oltre alla Architectural Association School of Architecture di Londra. Un network importante che mettiamo a disposizione della città.
 

Giusi Diana, 09 maggio 2017 | © Riproduzione riservata

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