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Made in Cloister: questo «format» è esportabile

Olga Scotto di Vettimo

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Artisti e designer a Porta Capuana vogliono rinnovare l’artigianato. Iniziativa privata e crowdfunding fanno nascere nel ventre degradato della città un polo delle arti con mostre, produzione, vendita, residenze

Dal 27 maggio Made in Cloister, progetto di rigenerazione urbana realizzato da Rosa Alba Impronta, presidente dell’omonima fondazione, Antonio G. Martiniello e Davide de Blasio, ha inaugurato la sua attività con la mostra dell’artista e musicista statunitense Laurie Anderson (fino al 30 settembre), prodotta dalla Fondazione Tramontano Arte. 

Questo ambizioso progetto, che prevede un «exhibition space», un «art shop», un ristorante e, in seguito, una residenza per artisti (Casa Cloister) e una scuola di maestri artigiani (Cloister Education), è stato avviato nel 2012 con l’acquisto del cinquecentesco chiostro piccolo della Chiesa di Santa Caterina a Formiello a Porta Capuana.

Questo luogo, ubicato all’interno del cosiddetto Lanificio, dopo essere stato adibito a fabbrica di tessuti per le divise borboniche, dall’Unità ha subito un penoso degrado, esteso a tutto il quartiere divenuto un corpo distaccato rispetto allo stesso centro antico della città.

L’acquisto della struttura e l’avvio dei restauri mirano a convertire il chiostro in un centro espositivo e multidisciplinare, ma anche a creare un network di imprese creative: entrambi gli obiettivi hanno l’ambizione di innescare un processo virtuoso che si estenda all’intero quartiere. Su circa 15mila metri quadrati sono già sono attivi lo studio degli artisti Jimmie Durham e Maria Thereza Alves, la galleria d’arte contemporanea di Dino Morra, la cooperativa sociale Dedalus, il coworking IntoLab, il Lanificio25 e l’Associazione Carlo Rendano, lo studio di arti performative di Valeria Apicella e il centro Yoga Al Lanificio. Il progetto architettonico e i lavori di ristrutturazione, promossi dalla Fondazione Made in Cloister e realizzati dallo studio Keller Architettura in collaborazione con l’Accademia delle Belle Arti di Napoli, che cura dal gennaio 2015 il restauro degli affreschi del porticato, sono stati totalmente finanziati con fondi privati e da un crowdfunding (90mila euro ottenuti con il sito web Kickstarter nel 2013).

L’investimento complessivo per gli interventi di riqualificazione (non ancora completati del tutto, poiché le residenze e la scuola di formazione saranno pronte nei prossimi mesi) è di 2 milioni di euro. Nella doppia veste di imprenditore e di architetto che ne ha curato il recupero, Martiniello, con il suo studio, ha rispristinato le volumetrie degli antichi ambienti liberando dai tamponamenti le arcate cinquecentesche del porticato, riportando il suolo alla quota originaria, rinnovando gli spazi dell’atrio e restaurando la lanterna lignea borbonica, raro esempio di archeologia industriale ottocentesca a Napoli.

L’ambizione, dunque, è di far diventare questo spazio un luogo per l’arte e la creatività, in cui l’artigianato della tradizione possa rinnovarsi con i linguaggi della contemporaneità facendo «impresa». «Chi giunge a Napoli spesso non sa che cosa acquistare, potendo scegliere soltanto all’interno di un’industria di souvenir di scarsa qualità e in assenza di un prodotto locale rinnovato. Recuperare l’artigianato e farlo dialogare con il design e l’arte contemporanea vuol dire aggiornare un’intera economia e renderla produttiva, creando occupazione e sottraendo un luogo dal degrado.

Made in Cloister, infatti, ha l’ambizione di essere un motore di rigenerazione dell’intero quartiere ed è un progetto di natura etica e sociale. Ciò che anche la politica dovrebbe comprendere è che per riavviare l’economa bisogna utilizzare le risorse del territorio: nel nostro caso, i monumenti, l’artigianato, il cibo. Per questo ritengo che il nostro progetto sia una sorta di format esportabile. Rigenerazione urbana significa avviare un progetto sociale che coinvolga artisti e designer per la progettazione di una linea di oggetti e arredi che saranno realizzati in collaborazione con i maestri artigiani, coinvolgendo anche i giovani del quartiere perché vengano formati agli antichi mestieri», racconta Martiniello. E sottolinea la necessità di estendere l’attenzione all’intera zona di Porta Capuana, non soltanto per mappare le botteghe artigiane attive, ma per individuare i locali dismessi e avviare progetti di riqualificazione anche attraverso concorsi di idee per giovani.

Olga Scotto di Vettimo, 08 giugno 2016 | © Riproduzione riservata

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