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Olga Scotto di Vettimo
Leggi i suoi articoliCon la mostra «Ezio De Felice. Oltre l’architetto» (6 giugno-6 luglio) si intende raccontare «quanto De Felice sia stato poliedrico, caleidoscopico, visionario, dotato di una curiosità onnivora, con interessi e passioni che spaziavano nei più disparati campi fra scienza e conoscenza», dichiara Roberto Fedele, curatore con Claudia Borrelli e Antonietta Manco della mostra (catalogo artem), realizzata a Castel Sant’Elmo di Napoli dai Musei Nazionali del Vomero e dalla Fondazione Ezio De Felice in occasione della donazione da parte della fondazione al museo del Novecento a Napoli di Castel Sant’Elmo dell’opera «Senza titolo», tela informale del 1948.
Laureato in Scienze Matematiche e poi in Architettura, frequentatore delle lezioni di Emilio Notte all’Accademia di Belle Arti, Ezio De Felice (Napoli, 1916-2000) aderì al dibattito artistico della Napoli del secondo dopoguerra, prendendo parte al Gruppo Sud e poi al Gruppo 58. Nel Teatro di Palazzo D’Anna, acquistato e restaurato nel 1958, De Felice allestì il suo studio, dove liberò la sua potente creatività, spaziando dalla pittura alla scultura, dall’arte all’architettura alla poesia. In quel luogo di incontri e scambi culturali (oggi sede della fondazione a lui dedicata), De Felice assecondò la sua anima creativa, sperimentando tecniche e linguaggi, riutilizzando, assemblando o inchiostrando («Monotipi») pezzi meccanici e componenti industriali, realizzando gioielli, scrivendo e illustrando poesie. «È il luogo dove per decenni De Felice raccoglie migliaia di oggetti e materiali: utensili, macchine, manufatti artistici, artigianali ed industriali, testimonianza del lavoro e dell’ingegno dell’uomo», continua Fedele, recuperando rottami, ingranaggi, ruote dentate, guarnizioni, spazzoloni delle lucidatrici dell’esercito americano, tavole di legno dei cantieri navali («Ready-made»).
La mostra consente, dunque, un approfondimento importane su aspetti creativi poco indagati di De Felice, noto caposcuola dell’esperienza museografica italiana che associò all’attività accademica sui temi del Restauro e della Museografia un’importantissima attività di progettista: dagli interventi alla Certosa di San Martino a Napoli (1948) alla Reggia di Capodimonte (1957), dall’ampliamento e allestimento del Museo Archeologico di Paestum (1960) alla sistemazione di alcune sale del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (1961); dal restauro e adattamento a Museo Archeologico Provinciale dell’Abbazia di San Benedetto a Salerno (1959-84) al restauro del Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli (1963), alla Galleria Nazionale della Sicilia (Palazzo Abatellis, Palermo, 1964); e ancora: il Museo delle Carrozze di Villa Pignatelli a Napoli (1975), il nuovo allestimento museale del Museo del Settecento veneziano a Ca’ Rezzonico a Venezia (1979), i restauri dell’Abbazia della Santissima Trinità a Cava dei Tirreni (1949-53), della Certosa di Padula (1961), restauro dell’Anfiteatro Flavio, del Tempio Augusteo e della Cattedrale a Rione Terra (Pozzuoli, 1966-77), oltre ad alcuni importanti interventi in Belgio.