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«Ma poi non toccherà alla Gioconda»

Luana De Micco

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Dopo la contestata «Sant’Anna» e la «Belle Ferronnière», il Louvre interviene sul «San Giovanni Battista», «il nostro dipinto più riverniciato»

Il Louvre ha iniziato il restauro del «San Giovanni Battista»: è il terzo dipinto di Leonardo su cui il museo interviene in pochi anni dopo la «Sant’Anna, la Vergine e il Bambino» e la «Belle Ferronnière». Prima di trasferire l’opera a fine gennaio dalle sale del museo al Centre de recerche et de restauration des musées de France (in un’altra ala del palazzo del Louvre), il museo ha convocato alcuni giornali (tra cui «Il Giornale dell’Arte») per annunciare l’inizio dei lavori.

Come sempre, quando si tratta di Leonardo, la questione è delicata: «Procediamo con molta cautela e umiltà. Ogni volta si va a toccare il mito di Leonardo, la sua tecnica eccezionale e il cuore storico delle collezioni del Louvre. Esiste una dimensione simbolica di cui siamo consapevoli», ha osservato Sébastien Allard, direttore del Dipartimento dei dipinti del Louvre. La questione del restauro della «Gioconda», che prima o poi il museo dovrà affrontare, per ora resta quasi tabù. Prima di entrare nei dettagli del lavoro da compiere sul «Battista», Allard ha fatto un accenno: «Continueremo a restaurare i Leonardo, ma quale sarà il prossimo, non saprei dirlo. Facciamo un passo per volta, ma posso già affermare con sicurezza che non toccherà alla Gioconda».

La questione è troppo sensibile e la pressione mediatica troppo forte: «E poi alcuni dipinti di Leonardo, tra cui lo stesso “San Giovanni Battista”, aggiunge, sono in condizioni peggiori e richiedono un intervento più urgente». L’ultimo restauro del «Battista» risale al 1802. Da allora «è stato riverniciato più volte. Sono stati aggiunti una quindicina di strati. Probabilmente è il dipinto più riverniciato del Louvre!».

Le analisi condotte a partire dal 2009 hanno rilevato uno spessore record di vernici pari a 110 micron, il doppio rispetto ai 50-60 micron registrati sulla «Sant’Anna». Il risultato di un tale accumulo di vernici, che invecchiando si sono alterate, è che il dipinto si è ingiallito e si riconoscono a stento la pelle d’animale di cui il santo è vestito e la croce che tiene in una mano. Sono visibili ancora solo le parti più luminose, il volto del santo con l’indecifrabile sorriso e il braccio col dito indice rivolto verso l’alto per indicare la croce. I boccoli fluenti si intravedono.

La nota positiva è che il supporto di legno è in uno stato di conservazione piuttosto buono. Gli attacchi dei tarli (visibili nell’angolo in basso a sinistra) sono antichi. Il compito della restauratrice Regina Moreira (che per il Louvre ha già restaurato la «Betsabea» di Rembrandt) sarà dunque essenzialmente quello di alleggerire le vernici per ridare leggibilità alla scena. «Anche se eliminiamo la metà degli strati presenti, ha spiegato Allard, resteremo molto lontani dallo strato pittorico originale». Un lavoro paragonabile a quello che è stato effettuato di recente sulla «Belle Ferronnière» (in questo caso, si era trattato anche di intervenire su una macchia rossa, un’abrasione, sulla guancia della giovane).

Tre anni fa, il restauro della «Sant’Anna» aveva sollevato diverse polemiche. Due membri della commissione scientifica internazionale, Ségolène Bergeon Langle e Jean-Pierre Cuzin, ex direttore del Dipartimento di pittura del Louvre, si erano dimessi perché, secondo il loro parere, il restauro si era spinto troppo lontano nell’alleggerimento delle vernici, finendo con alterare lo sfumato e indurendo il volto della Vergine. Anche per il «San Giovanni Battista» si sta riunendo una commissione scientifica. C’è da aspettarsi uno shock visivo a fine lavori? Vincent Delieuvin, conservatore presso il Dipartimento dei Dipinti, ritiene di no: «Sul “Battista”, Leonardo ha lavorato economizzando sui colori. Il restauro della “Sant’Anna” ha fatto risaltare il blu del mantello della Vergine. Nella “Belle Ferronnière” è venuto fuori il rosso dell’abito. Il “San Giovanni Battista” è un quadro quasi in bianco e nero, sono certo che resterà in penombra». I restauratori sperano anche di fare luce su alcuni tratti duri del disegno, a livello del braccio e della mano, che sollevano da tempo perplessità tra gli specialisti.

Non si sa se questa rigidità sia il risultato di un intervento di inizio Seicento, in cui sarebbe stata intaccata la velatura originale e di conseguenza indurito il disegno, o se sia indice del fatto che il dipinto è rimasto incompiuto. Forse è stato Leonardo stesso a lasciarlo volontariamente non finito come Michelangelo faceva con le sue sculture? Il «Battista» è uno degli ultimi lavori «sperimentali» di Leonardo, a cui il pittore era particolarmente affezionato (lo aveva iniziato nel 1508 e non smise mai di ritoccarlo). Nel 1516 lo portò con sé in Francia con la «Gioconda» e la «Sant’Anna» e lo conservò fino alla sua morte, sopraggiunta tre anni dopo.

Luana De Micco, 13 febbraio 2016 | © Riproduzione riservata

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