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Camilla Bertoni
Leggi i suoi articoliUna mostra che parte da un dono, dono che va a compensare un importante tassello mancante. E l’istituzione che lo riceve dalle mani dell’Archivio Novelli di Roma, la Galleria Internazionale di Arte moderna di Ca’ Pesaro a Venezia, ringrazia allestendo un grande omaggio all’artista. «Gastone Novelli (1925-1968)», a cura di Elisabetta Barisoni e Paola Bonani, è visitabile a Ca’ Pesaro dal 15 novembre all’1 marzo 2026, ed è proprio Barisoni, dirigente responsabile dell’area musei della Fondazione Musei Civici Venezia, a spiegare com’è nato il progetto. «Un’importante mostra dedicata a questo grande protagonista del ’900 italiano, racconta la curatrice, mancava da un po’, dopo l’antologica del 1999 al Mart di Rovereto dove nel 2011 era stato anche presentato il Catalogo generale, entrambi a cura di Paola Bonani. Ma il passaggio di questi 14 anni ha reso ora necessario un aggiornamento sull’Archivio stesso, sulla bibliografia, gli scritti e le indagini rispetto all’autore di cui cade quest’anno il centenario. Il motore primo della mostra, che si inserisce nella serie che abbiamo dedicato ai protagonisti del secondo ’900, con Twombly, Gorky, Afro, Matta e altri, è però stato senza dubbio il dono che abbiamo ricevuto dall’Archivio».
Di che dono si tratta?
Due dipinti che innanzitutto vanno a colmare un’assenza nelle nostre collezioni, dove Novelli non era presente. E si tratta di due opere che raccontano proprio del rapporto speciale che l’artista ebbe con Venezia e che rappresentano gli estremi cronologici di questa mostra: «Era glaciale» del 1958 è un dipinto quasi «bianco su bianco», informale e molto materico, che aprirà la mostra insieme alle opere che ricreano la situazione di quel momento storico, dalla Collezione Prada e dalla nostra, dov’è molto ben documentato, ma nel gruppo dell’Informale segnico nelle nostre raccolte mancava proprio Novelli. La seconda opera che ci giunge in dono è «Allunga il passo amico mio» ed è del 1967: un’opera molto veneziana, fatta quando lui viveva a Venezia e stava preparando la sua partecipazione alla Biennale, purtroppo l’ultima prima della sua repentina scomparsa. Un’opera legata soprattutto a Carraìn e al ristorante «All’angelo», noto ritrovo di artisti alla cui storia fu dedicata una mostra qualche anno fa dalla Fondazione Querini Stampalia.
Il punto di inizio del percorso espositivo quindi si colloca nel 1957?
Sì, partiamo dal ’57 perché la parte precedente della produzione di Novelli, legata soprattutto al periodo in Sud America, è stata affrontata al Mac di San Paolo l’estate scorsa. Il punto centrale è rappresentato dalla sua partecipazione, con una sala personale che qui viene in parte ricostruita, alla Biennale del ’64: è la sua prima volta e Novelli si confronta qui con l’arrivo della Pop Art. Tra le due tendenze si genererà un conflitto di natura politica, legato al fermento culturale degli anni Sessanta: qui troviamo gli «Alfabeti», i «Paesaggi», con le opere che sono il frutto del suo soggiorno in Grecia e dove l’artista affonda le radici del suo linguaggio negli archetipi.
Com’è stato il rapporto di Novelli con Venezia?
Il soggiorno veneziano ha coinciso con un momento esistenziale molto importante, che «Allunga il passo amico mio» racconta: il dipinto era stato realizzato quando Novelli, che dal ’67 si era stabilito a Venezia, si era trasferito alla «Casa dei Tre Oci» alla Giudecca. Il suo titolo rappresenta un invito rivolto all’amico Carraìn perché si adegui ai tempi che stanno cambiando velocemente, a non fermarsi e ad ampliare l’orizzonte, quello stesso orizzonte suggerito nel dipinto dalla linea dove stanno in fila le bricole. Un dipinto che non poteva che essere conservato a Venezia, città che occupò un ruolo centrale nella vita di Novelli, protagonista delle Biennali del 1964 e del 1968, in cui intreccia relazioni, amicizie e dialoghi culturali profondi.
E poi la Biennale del ’68…
È la Biennale delle contestazioni, è un momento cruciale, quando Novelli decide di scrivere sul retro delle sue opere «la Biennale è fascista», si unisce alle proteste e ritira i suoi lavori dall’esposizione. Sono le proteste che portano la Biennale a trasformarsi da un’esposizione di opere in vendita a un’esposizione e basta, e che segnano profonde trasformazioni in tanti campi.
E proprio in questo momento apicale della sua esistenza avviene la sua scomparsa…
Infatti, Novelli, dopo aver animato questa protesta epocale, muore tragicamente per le conseguenze inaspettate di un intervento chirurgico. Da quel momento l’artista entra nella storia come icona.
Gastone Novelli, «Era glaciale», 1958, Archivio Novelli, Roma, in donazione al Comune di Venezia per le collezioni di Ca’ Pesaro-Galleria Internazionale d’Arte Moderna