Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
«Down Dog»: per chi non pratica lo yoga, il «cane a faccia in giù» è una delle posizioni fondamentali di quella disciplina. «Down Dog» è anche il titolo della prima personale in Italia di Eileen Quinlan (Boston, 1972; vive e lavora a New York), presentata da Vistamarestudio dal 16 settembre al 7 novembre.
In mostra, quattro nuove opere («Wooly World», «Bluestar», «Silverstream», «Venus Mount»), eseguite con lo scanner, evoluzione della ricerca «Smoke & Mirrors» avviata nel 2004, in cui le sue immagini astratte fatte di luci e schegge di specchio erano il soggetto stesso, non lo sfondo, di fotografie commerciali. Con i nuovi scatti, è esposta anche una selezione di suoi lavori, tutti astratti, degli ultimi 12 anni.
Artista sperimentale tanto nelle tecniche quanto nei temi, la Quinlan (che oltre a molte altre mostre di rilievo, nel 2017 è stata scelta da Christine Macel per la mostra «Viva Arte Viva» nella 57ma Biennale di Venezia) si muove nel territorio dell’astrazione anche nella serie «Yoga Mat», dove i materassini da yoga, ripiegati e drappeggiati, si trasformano in composizioni non oggettive, cariche però di contenuti simbolici, rinviando alla vita contemporanea, di cui la pratica dello yoga, tra salute e spiritualità, diventa simbolo, e all’evocazione del corpo femminile.
Al piano inferiore, il video a doppio schermo «There & Them», 2012, realizzato con Matt Keegan, in cui i due artisti sono stati ripresi da una troupe per 24 ore, in una sorta di documentario della vita quotidiana di un artista a New York.

«Bluestar», 2020, di Eileen Quinlan
Altri articoli dell'autore
In attesa della nuova edizione del progetto a giugno, è esposta una selezione delle 100 opere allestite in altrettanti borghi italiani
La galleria Tornabuoni Arte di Milano ospita un percorso che affianca undici opere di Felice Casorati a dipinti di artisti a lui affini per tematiche e atmosfere
Dal 30 aprile nel comune di Bellano trova casa, grazie alla donazione della famiglia, l’intero corpus grafico e un centinaio di dipinti dell’artista scoperto nel 1983 da Giovanni Testori
Per molti anni ripudiate dai critici e dagli stessi designer («escluse le “tre M” Mari, Munari e Mendini), le affinità elettive tra design e arte sono indagate dall’istituzione milanese