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«Sansone e il leone» (1694-96) di Luca Giordano, Madrid, Museo del Prado

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«Sansone e il leone» (1694-96) di Luca Giordano, Madrid, Museo del Prado

L’intelligenza senza il paraocchi dello specialismo nell’ultimo libro di de Giovanni

Un tesoretto di pagine sei e ottocentesche che decolla dal massimo genio barocco meridionale culminando nella restituzione a Géricault di un soggetto romano datato al 1817

Stefano Causa

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Rischioso, lo sappiamo, confidare nell’esaustività di una voce enciclopedica in rete. Se Biagio de Giovanni, nato nei giorni di Natale del 1931, vi è rubricato come filosofo politico italiano e parlamentare europeo, viene subito da obiettare che da questo burocratico referto sia stato sforbiciato il meglio. Ossia che, subito dopo o insieme, de Giovanni, tra le grandi intelligenze del nostro Paese, è uno storico d’arte. Tutto in maiuscolo e di quelli di cavata ampia, cui è necessario tornare per capire cosa avrebbe potuto essere, in questi anni, la disciplina se addomesticata senza i paraocchi dello specialismo.

Questo tesoretto di pagine sei e ottocentesche, perlopiù inedite, decolla dal massimo genio barocco meridionale, culminando nella restituzione a Géricault di un soggetto romano datato al 1817. Appena un assaggio per familiarizzarsi con le aperture, le acuzie e, diciamo pure, il coraggio di uno studioso «plurale» come pochi che non ha mai scritto tanto, anche di Storia dell’arte, come in questa nuova giovinezza.

Il lavoro che apre il volume, «Magia e scienza nella Napoli seicentesca», già posto a battistrada del catalogo Civiltà del Seicento a Napoli (1984), è per esempio la vera rottura degli argini della critica meridionale. Poco più che cinquantenne de Giovanni provava a superare l’esangue formalismo longhiano dimostrando come, per l’interpretazione moderna del naturalismo (pentasillabo abusato quanto insidioso), le virtù della stilcritica siano indispensabili ma insufficienti.

Così Caravaggio e i suoi interlocutori e sviatori vanno a braccetto con Bruno, Della Porta e Campanella; riavvicinata con un’effettiva conoscenza dei documenti figurativi, la «dannata libertà di coscienza» di Giordano diventa poi chiave d’ingresso agli scatti e alle stagnazioni di un secolo intero; almeno fino al Vico della prima Scienza Nuova (1725). Si sente l’eco dei dialoghi con Ferdinando Bologna da anni impegnato nel progetto di una storia dell’arte come storia della cultura. Sono pagine, queste di Biagio de Giovanni dove, al fuoco di giudizi e non pregiudizi, si respirano cultura e civiltà. Merce rara in ogni stagione.
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Dipingere la vita. Luca Giordano e Théodore Géricault,
di Biagio de Giovanni, 124 pp., ill., Edizioni della Normale, Pisa 2022, € 16

Stefano Causa, 09 marzo 2023 | © Riproduzione riservata

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