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Stefano Miliani
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La «Venere di Urbino» di Tiziano degli Uffizi, autentico sex symbol dell’arte e una delle icone del museo fiorentino, dal 6 settembre al 18 dicembre torna per la prima volta a Urbino, luogo in cui Guidobaldo (o Guidubaldo) II Della Rovere commissionò il dipinto all’artista veneziano.
Il quadro verrà esposto a Palazzo Ducale in uno scambio di cortesie tra i direttori Eike Schmidt, delle Gallerie fiorentine, e Peter Aufreiter, del museo marchigiano. Resta ineludibile il tema di quali opere un museo può prestare: la «Venere» figura tra i 23 pezzi degli Uffizi che nel 2006 l’ex direttore Antonio Natali indicò come «inamovibili». In realtà, anche tramite immancabili deroghe, la tela ha girato mezzo mondo andando, negli ultimi 13 anni, al Museo del Prado di Madrid, al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, alla National Gallery of Western Art di Tokyo e a Palazzo Ducale a Venezia. Quest’ultimo prestito è però almeno storicamente motivato.
Tiziano dipinse la sensualissima donna nuda nel 1538. La volle Guidubaldo, duca di Camerino e futuro signore di Urbino e del Montefeltro. Giorgio Vasari vide l’opera nel guardaroba dei duchi nel 1548 ed era nell’inventario urbinate nel 1624; arrivò a Firenze con l’ultima discendente della dinastia della Rovere, Vittoria, che nel 1637 sposò Ferdinando II de’ Medici, e nel 1654-55 era nella villa di Poggio Imperiale, residenza fuori le mura di Vittoria. La «Venere» torna quindi nella sua destinazione originaria, il Palazzo Ducale dei Montefeltro. Un incentivo potente, per gli urbinati e per i turisti nelle Marche. Viceversa, chi arriva nelle Gallerie fiorentine dall’altro capo del globo e non vede la «Venere», come ci rimarrà?
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